mercoledì 19 dicembre 2018

MedBunker Classic: 1871

Un altro anno si chiude ed io vi auguro di passare questi ultimi giorni del 2018 con serenità. Niente altro perché credo sia un buon augurio.
Qui nel blog, ripropongo un articolo pubblicato a settembre del 2012, uno di quelli che mi appassionano perché ci fanno vedere la medicina (e quindi la nostra vita) da un altro punto di vista, da rileggere.
Un saluto a tutti.



La percezione dei progressi scientifici e tecnologici non è sempre immediata.
Pensate alla differenza tra un quarantenne ed un bambino che oggi ha 10 anni.
Per queste due persone che vivono nella medesima epoca storica il "cellulare" o il "computer" sono due oggetti che assumono un significato assolutamente diverso. Il progresso è stato talmente veloce che le nostre generazioni, per la prima volta, si scontrano con un fenomeno nuovo e sconosciuto. Sono i giovani che trasmettono le loro conoscenze agli anziani. L'uso del computer, oggi diffusissimo, è alla portata dei più giovani ma distante dalle conoscenze dei meno giovani. Il cellulare è un oggetto "moderno" per i cinquantenni e "ordinario" per i dodicenni. Non è incredibile?

Questo succede anche in campo medico.

Non vedere bambini poliomielitici è la norma per un ventenne di oggi mentre era la norma il contrario per chi oggi ha cinquant'anni. Stesso fenomeno per le cure: morire di polmonite oggi è una rarità e suscita scalpore, per i nostri nonni era assolutamente normale.
Questo perché i progressi medico-scientifici hanno fatto dei passi enormi e talmente veloci che da una generazione all'altra hanno cambiato letteralmente la vita di tutti noi rendendo certi aspetti della vita quotidiana quasi fantasiosi, come se fossero inventati (basti leggere gli argomenti di chi è contro i vaccini).
Ma davvero i nostri nonni morivano per un'infezione? Era una realtà morire di parto così frequentemente? Sapevamo davvero così poco e così pochi anni fa?

Ebbene sì.

Leggere come erano curati i nostri avi può servire non solo a comprendere come siamo fortunati ad essere nati in quest'epoca ma anche a demolire due luoghi comuni difficili da estirpare. Il primo vuole che i nostri nonni fossero "saggi" e risolvessero i problemi di salute in maniera semplice ed efficace. La realtà è ben diversa.
Siamo noi a risolvere i problemi in questo modo e proprio perché disponiamo dei mezzi per farlo. I nostri antenati non avevano alcun mezzo realmente utile a curare le malattie e dovevano arrangiarsi con quello che offriva la scienza di quell'epoca: poco o niente, era questa la loro "saggezza".
Bufale come l'"autoguarigione", dette oggi fanno pensare a qualcosa di reale, dette ai nostri avi era l'unica possibilità perché se non guarivi da solo morivi. Il secondo luogo comune è quello che dipinge le industrie farmaceutiche come dispensatrici di morte. Sono aziende ed hanno lo scopo di guadagnare ma senza di loro che producono i farmaci anche noi non avremmo che pochissime possibilità di guarire o sopravvivere. L'interesse dell'industria farmaceutica quindi dovrebbe combaciare esattamente con quello che abbiamo noi di avere medicine sempre moderne, a disposizione ed portata di tutti. Non è sempre (né dovunque) così ma oggi la "pillola" è davvero una possibilità per la maggioranza della popolazione (ricca) del mondo, dove le industrie non esistono (e non guadagnano), non producono né investono e quindi esiste anche difficoltà di accesso alle cure e questo è un problema dei giorni nostri, non dei nostri "saggi antenati".

Per chi non ci credesse proviamo a leggere un libro medico, (Vincenzo Balocchi: Ostetricia, 1871) un testo di ostetricia utilizzato nelle università italiane, forse il più utilizzato in quegli anni: il ginecologo di nostra nonna probabilmente si era preparato su questo e quando aveva un caso difficoltoso si avvaleva di alcuni strumenti che andremo a vedere. Avevo già parlato di come si gestissero la gravidanza ed il parto negli scorsi secoli ma sapere anche come si curavano le malattie è ancora più didattico. Giusto per misurare con dei numeri, l'Italia è uno dei paesi al mondo con minore mortalità materna ed infantile in gravidanza e parto.
Nel 2009 in Italia sono morti meno di 3 bambini su 1000 in gravidanza o durante il parto quando in Nigeria (statisticamente tra le peggiori) ne morivano quasi 46 su 1000 e la mortalità materna segue questo trend: nel 2009 in Italia sono morte 6 donne, in Nigeria 1100.
Ecco cosa vuol dire progresso, scienza e medicina, per nostra fortuna.
Alcuni passi del libro possono essere impressionanti o difficili da sopportare, cercherò di limitarli al minimo indispensabile.

Le cause dell'aborto

Oggi si sa che le cause di aborto (la perdita del prodotto del concepimento, può avvenire in varie epoche di gravidanza ma soprattutto nelle fasi iniziali) sono svariate, la più frequente comunque rimane l'anomalia dell'embrione, una patologia cromosomica o genetica ad esempio o una malattia ereditaria. Altre cause possono essere le malattie materne o le infezioni. Ed all'inizio del 1900? Alcune "intuizioni" oggi possono sembrare incredibili, ma l'epoca non permetteva di avvalersi degli strumenti diagnostici e terapeutici di oggi, leggere quello che leggevano i medici dei nostri avi può aprire gli occhi a chi crede ciecamente che la medicina "non si è evoluta".

Nel libro tra le cause di aborto una classe è definita "predisponente", molto frequente, sembra che senza di una di queste cause l'aborto non sarebbe potuto avvenire. Tra le cause si dice che basta che le donne:

 ...siano colpite da un odore penetrante, che alzino un braccio e spesso anche che scendano il letto... 

Probabilmente però si intuiva che la causa del problema poteva risiedere anche in qualcosa di "insito" nell'embrione ma si reputava plausibile che "l'uovo" (così veniva definito l'embrione) fosse "debole" perchè:

...derivante dal seme di un padre infermiccio o che soffre o ha sofferto di sifilide... 

Molto curiosi sono i rimedi per "curare" l'aborto (naturalmente si può curare la minaccia di aborto, non l'aborto avvenuto ma in quegli anni non esisteva l'ecografia e molti "aborti" erano in realtà solo minacce) e nel libro sono elencati una serie di rimedi particolarmente interessanti (corsivi miei):
Per la donna debole: Riposo (rimedio validissimo anche oggi!) Amari Preparazioni ferruginose (per prevenire l'anemia?) Moto all'aria libera Se la donna è robusta o addirittura obesa è bene ricorrere al salasso dal braccio (prelievo di sangue), rinfrescanti, alimentazione poco succulenta, bevande acquose.
Quando la donna ha già sofferto numerosi aborti è bene raccomandare il riposo e praticare salasso (prelievo di sangue) mediante sanguisughe poste sull'inguine. In caso di donne irritabili o isteriche è bene utilizzare il laudano (un liquore) o il "siroppo di papavero" utilizzato con successo dal prof. Bigeschi.

Questi non sono trattamenti "artigianali" da uomo primitivo ma le cure degli ospedali della nostra Italia del periodo a cavallo tra 1800 e 1900.

La gravidanza extrauterina

In alcuni casi, dopo la fecondazione, l'embrione non si impianta come dovrebbe all'interno della cavità uterina ma in un altro punto. Molto frequente il caso di impianto su una delle tube ma sono conosciuti rari casi di impianto sulle ovaie, sull'intestino e persino in organi lontani dall'utero. Si chiama "gravidanza extrauterina" e le cause di questa "anormalità" non sono ancora del tutto chiare. In passato questa patologia rappresentava un grave problema che si concludeva quasi sempre con la morte della donna (le donne che leggono e che hanno avuto una gravidanza extrauterina riflettano su questo dato semplice ed oggi poco conosciuto), oggi si assiste quasi sempre alla risoluzione totale. Se sono state ipotizzate cause infettive, immunitarie ed anatomiche per l'origine della gravidanza extrauterina, in passato si brancolava letteralmente nel buio. Vediamo così che nel testo si dibatte sulle cause della gravidanza extrauterina, le ipotesi sono incredibili:
esse sieno più comuni nelle donne non maritate [...] e risulterebbe che questo accidente fosse più facile a verificarsi in quelle donne che nel tempo del coito furono soggette a paura o terrore. In queste dunque parrebbe che la cagione di esse dovesse considerarsi essere la provata emozione.
Curioso vero?
Per i nostri medici di un tempo, la causa della gravidanza extrauterina era la paura provata durante il concepimento. Poi si ipotizzano anche le cause infettive o infiammatorie (definite tipiche delle prostitute).

L'infezione puerperale

Oggi quasi scomparsa, rappresentava una delle cause più importanti di morte nel 1800 e fino agli anni della II guerra mondiale. Gli antibiotici non esistevano ancora e quando una persona subiva un'infezione doveva sperare (e tanto) sulla buona stella, in realtà era una vera e propria strage di neomamme. Una donna che ha partorito (si chiama puerpera) è ancora più a rischio di infezione e se oggi la medicina contrasta le infezioni già prima (con la sterilità della strumentazione) che dopo (con l'eventuale terapia antibiotica) in quegli anni la curava con gli scarsi e per noi sorprendenti mezzi a disposizione. Erano diverse le "scuole di pensiero" nella cura delle infezioni puerperali. Alcuni procedevano con infusi di piante come l'aconito o la digitale, altri con la "terapia mercuriale" (vapori di mercurio di altissima tossicità che procuravano uno stordimento generale), i salassi erano sconsigliati e si puntava tutto su sostanze (ammoniaca, cloro, arseniato di chinina) che in pratica non avevano alcun effetto (positivo, ne avevano invece di tossici) ed infine sull'accompagnare la donna ad una morte "serena". La rassegnazione, pur non ammessa, era l'unica vera medicina dell'epoca. Straziante ma interessante leggere come era descritta una donna con infezione puerperale:
La malata può lamentarsi di dolor di capo ma l'intelligenza è chiara [...] la faccia è pallida con occhi infossati colle palpebre inferiori livide, come sono lividi gli angoli della bocca [...]. V'he spesso una gran sete ma a bevanda è rigettata appena presa. I segni che indicano il cadere delle forze vitali formano il secondo stadio. Le estremità diventano fredde, l'aspetto della malata è più livido, il polso [il battito cardiaco, normalmente attorno ai 70 battiti al minuto] a 160, piccolo e debole [appena percepibile]. Succedono vomiti senza sforzo uscendo spesso come un rivo verde dalla bocca. L'intelletto rimane lucido fino alla fine ed il sollievo che la paziente prova in confronto alle passate sofferenze [...] spesso eccita la fede nel suo risorgimento quando è già alle prese con la morte. Una traspirazione vischiosa e fetente si mostra alla superficie, la respirazione diventa gradatamente meno affrettata e la morte chiude la scena.
Impressionante.

Eppure questa era la fine di tante donne di fine 1800 inizio '900.
Nel libro si fa riferimento al "veleno che produce la febbre" perché non erano chiari nemmeno i meccanismi che scatenavano un'infezione, figuriamoci la cura. L'autore del testo consiglia di far odorare alla malata dei sali di canfora perchè ha notato che la donna accenna dei sorrisi quando li odora e quindi deduce possa valicare la soglia della vita con un animo più sereno. Sembra storia primitiva vero?

L'eclampsia.

È una patologia particolarmente grave tipica (ed esclusiva) della gravidanza. Non approfondisco ma il sintomo principale di questo problema è l'ipertensione (cioè la pressione arteriosa elevata). Oggi, esclusi alcuni casi particolarmente gravi o non trattati, si ha quasi sempre un esito favorevole della patologia grazie ai farmaci a disposizione che permettono di salvare la donna gravida ed il bambino che ha in grembo, in ogni caso, anche oggi, la malattia resta insidiosissima.
Leggiamo come risolvevano (cercavano di risolvere) questo importante problema i medici di un secolo e mezzo fa. La terapia si basava quasi tutta sul cloroformio (come sedativo) ed i salassi (il prelievo di sangue). Ma come curavamo l'ipertensione nel 1871?
È presto detto:
...si eseguirà un abbondante salasso [...] si agirà in seguito sugli intestini con purganti di olio di ricino e [...] si potrà mettere la donna sotto l'influenza del tartaro emetico [una sostanza che provoca nausea]. Saranno utili bagni tiepidi prolungati, le punture sulle zone edematose e le moschettature [dei tagli eseguiti sulle parti del corpo rigonfie per la ritenzione idrica].
Il salasso (che ai tempi era una cura praticamente per qualsiasi malattia e derivava dal concetto arcaico di "disintossicazione" e di "estrazione del male dal corpo") veniva eseguito con delle piccole lame o con le sanguisughe poste sulla nuca (per 3-4 ore) o sul torace. Si estraeva poco più di mezzo litro di sangue e fino ad un litro nei paesi anglosassoni. Ancora più sorprendenti le pagine dedicate alla "mania puerperale". Nei casi gravi di eclampsia si assiste anche a convulsioni e disturbi visivi e neurologici. Non conoscendo la fisiologia, per i nostri avi questi casi erano da relegare a "follia". "Più tipica delle classi agiate, era caratterizzata da attacchi isterici" (che oggi sappiamo trattarsi di convulsioni molto gravi), insonnia, cefalea (che oggi sappiamo dovuta all'ipertensione).
La paziente può essere allegra o melancolica, cantante e parlante, senza riposo oppure ostinatamente taciturna o sospettosa di tutti, immaginando ingiurie ed offese da parte del marito e degli amici. Canta spesso a piena gola canzoni o stornelli che niuno le aveva mai udito cantare. Spesso usa un linguaggio osceno. Quelle che furono caste divengono provocatricci [sic], la pelle è scolorata, pallida la faccia, il ventre molle.
Oggi sappiamo che queste povere donne non erano "folli" ma si trovavano in piena crisi eclamptica, una delle complicanze più temibili della gravidanza che se non prontamente trattata può condurre persino a morte. Una cosa che mi ha colpito in maniera particolare è che quando si presentava un caso difficile che rischiava di far morire una donna, l'autore ricorda spessissimo di aver consultato un noto professore di una città vicina o un luminare di un altro ospedale della zona. Visti i collegamenti dell'epoca (sia stradali che nelle comunicazioni, certo non esisteva internet) si capisce nel testo che questi "aiuti" esterni arrivavano dopo ore ed ore dalla chiamata iniziale tanto da poter continuare a svolgere qualsiasi altra attività e permettere persino dei "bagni rilassanti ripetuti" per dare sollievo alla donna che probabilmente era in fin di vita. I luminari accorsi su chiamata poi, effettuavano quasi sempre manovre inventate da essi stessi, improvvisate, provate al momento, erano considerati quasi degli dei e potevano permettersi di tutto. In questi casi il fallimento era quasi scontato (e nel libro si parla di tentativo infruttuoso o andato male) e questo era il risultato della inesistenza della medicina scientifica: era quasi tutto improvvisato. Incredibile la spiegazione di una delle cause di morte in puerperio (cioè dopo il parto).
Oggi, evento rarissimo, un decesso ha sempre cause spiegabili e non per forza legate alla gravidanza, a quei tempi tra le ipotesi vi era "l'esaurimento delle forze per causa nervosa", in pratica si credeva possibile una morte per "stanchezza eccessiva da parto" (ma probabilmente si trattava di complicanze del parto oggi conosciute).
Tralascio i capitoli relativi alle emorragie (si attendeva la morte della donna senza in pratica fare nulla se non tentativi inutili di risoluzione, non esistevano neanche le trasfusioni di sangue) o al taglio cesareo (l'anestesia era effettuata con il cloroformio ed il taglio con un "coltello panciuto ed affilato", sterilizzato per ebollizione in acqua).

Chiudo con una nota più leggera, volete sapere come avreste preparato il letto di un neonato nel 1871?
Il suo letto deve essere grande e profondo [...] il fondo di esso sarà di foglie di granturco o di foglie di zoster marino: la lana o il crino devono essere proscritti, come sostanze che si impregnano di orina ed esalano un cattivo odore.
Insomma un viaggio che può sembrare assurdo e da incubo quando in realtà era vita quotidiana dei nostri non lontani antenati.
Pensiamoci quando leggiamo di medicina "ancora non progredita" o di "saggezza della medicina di un tempo".

Alla prossima.

lunedì 10 dicembre 2018

Spiegare è il miglior modo per "blastare"?

Dopo pochi anni dall'inizio della mia attività su internet, molti dicevano di apprezzarmi perché sapevo "spiegare", "parlare" a tutti di argomenti difficili, spesso tecnici. Secondo me è giusto che tra tecnici (i medici, in questo caso) si debba parlare in termini professionali. Quando invece parli con le persone devi farti capire. Questo può rientrare nel dibattito che si accende ogni tanto su come sarebbe meglio spiegare la scienza. Raccontarla? Riassumerla, semplificarla? Oppure "blastare"?
Per "blastare" (un neologismo che deriva dal termine fumettistico "to blast", ovvero "distruggere") si intende "demolire" l'interlocutore con poche e decise parole, zittirlo in un attimo e. in argomento scientifico, spesso facendo valere i propri titoli.
In questi giorni si sono spese parole, opinioni e persino polemiche su questo, se fosse giusto o meno, se fosse utile o allontanasse la gente dalla scienza.
Probabilmente blastare può servire a togliersi un sassolino dalla scarpa, a mandare a quel paese una persona inopportuna o a liquidare un commentatore maleducato, non certo per spiegare o divulgare gli argomenti scientifici.

D'altronde la scienza e qualsiasi altra attività, non nasce per autocelebrarsi ma a servizio dell'uomo ed è all'uomo che deve rivolgersi.
Così mi sono reso conto che molte false convinzioni, molti errori e fissazioni sono dovute a mancata comunicazione, al fatto che i medici, gli scienziati, molte volte non sanno spiegarsi o addirittura non parlano con chi è fuori dal loro campo. Di esempi di questo tipo ne vedo continuamente e in questi giorni ne ho visto un altro.
Parliamo di vaccini (non vi siete stufati?).

Sta girando un documento nel quale si elencano dei dati interessanti. La regione Puglia ha provato a fare "farmacovigilanza attiva".
La farmacovigilanza è il controllo dei farmaci durante il loro uso. Se succede qualcosa, un effetto collaterale, un danno, a causa del farmaco, è bene segnalarlo così si potrà monitorare e, nel caso, studiarlo.
Finora la farmacovigilanza è stata sempre "passiva", cioè ogni cittadino, medico, farmacista che notasse un effetto collaterale (collegato o meno, non è importante) deve segnalarlo nei registri appositi (in Italia, nel sito dell'AIFA ci sono i moduli per farlo).
La Puglia ha fatto una cosa interessante, ha reso la farmacovigilanza "attiva", non sono cioè i cittadini o gli operatori a segnalare ma le stesse autorità sanitarie a controllare, dopo la vaccinazione gli epidemiologi pugliesi contattavano i vaccinati chiedendo come stessero, se avessero avuto problemi o se ci fossero state conseguenze successive alla vaccinazione. Per la buona riuscita del progetto, ovviamente, è bene segnalare tutto ciò che succede dopo la vaccinazione, saranno poi gli studiosi a capire a cosa possa essere dovuto un problema o un sintomo.

Sono stati raccolti tutti i dati di 1672 persone (di tutte le età) e studiati.
È emerso che i vaccini sono sicuri e causano problemi (si chiamano "eventi avversi") in pochi casi, quasi tutti risolvibili e senza particolare gravità. Conferma insomma quello che sappiamo già. Per essere più precisi, i vaccini al massimo (con riferimento a quello trivalente MPR, che è quello che ne ha causati di più) hanno causato un evento avverso grave (questo in epidemiologia significa "che richiede cure o ricovero") in 4 casi su 100 (quindi nel 4% dei casi) e di questi il 98% è rappresentato da febbre (non sempre causata sicuramente dal vaccino), la quasi totalità. Nessun effetto permanente, nessun decesso.

Ovviamente c'è stato chi, per malafede o ignoranza, ha provato a usare questi dati, interessanti, per scatenare il panico e, tornando all'argomento iniziale, credo che l'unico modo per arginare queste stupidaggini e chi, apposta o per superficialità, diffonde bugie, sia proprio spiegare, semplificare. Per questo motivo, quando ho letto di persone che lanciavano invettive e proteste dopo la pubblicazione di questi dati mi sono chiesto cosa si potesse fare e l'ho fatto.
Certo che se si ha interesse (qualsiasi, anche se dovuto a banale ignoranza) a mostrare le vaccinazioni come il male assoluto esagererà gli aspetti negativi o dubbi, esalterà le tragedie, drammatizzerà ogni piccolo dato. Chi ha l'interesse contrario (appoggiare ad ogni costo le vaccinazioni) ne vedrà solo gli aspetti positivi, esalterà i benefici minimizzando i rischi.

Veleni o salvezza? Creare divisioni nette è tipico della propaganda

Come fare quindi a dare informazioni corrette senza farsi condizionare (o meglio facendosi condizionare il meno possibile, anche in buonafede) dalle proprie convinzioni?
Non è facile, lo so.
Io però ho sempre usato un metodo: i dati oggettivi.
Certo che ho le mie opinioni, certo che probabilmente mi faccio condizionare ma provo a fornire sempre i dati sui quali mi baso e non su "opinioni" totalmente campate in aria. Spero sia il modo migliore, anche perché così faccio nel mio lavoro, nella vita e per decidere nelle scelte che mi riguardano o riguardano i miei famigliari.
Certo che c'è pure tutto un dibattito su come spiegare, quando farlo, con che mezzi, si è arrivati a studi scientifici sul tema e secondo me forse si è andati anche un po' oltre.
Almeno per me. Mi ricordo la mia solitudine quando iniziati, circa 10 anni fa, quando mi chiedevano "ma cosa fai?" o "perché devi spiegare su internet?" mentre oggi dire "faccio il divulgatore scientifico" è quasi come dire di lavorare alle poste, tanto è diffuso come concetto, forse dipende dal fatto che non ho mai preso questo come un mestiere ma solo come una passione da fare quando il (poco) tempo me lo consente.
Non c'è secondo me un metodo, non c'è il "modo migliore", non è meglio "blastare" o "assecondare", spesso è solo questione di carattere e ognuno faccia come gli pare.

Riavvolgiamo il nastro.
Torniamo al documento sui vaccini. Documento serio, interessante, ricco di spunti. L'aspetto più interessante è l'aver mostrato come una farmacovigilanza attiva sia più precisa, accurata e utile. Il resto, più o meno, lo sapevamo già e non emergono dati nuovi o sorprendenti.
Sorprendente è stata invece la reazione di antivaccinisti e siti alternativi.
Hanno letto la notizia come "prova" di chissà quale nuova scoperta.
Ecco, informare attenendosi ai dati. Come comunicherei la pubblicazione di questo documento io e come lo farebbe chi si documentasse solo in siti di antiscienza?

Siete genitori e mi chiedete: "che effetti collaterali possono avere le vaccinazioni?".

Io, in base alle mie conoscenze ed anche alla luce di questa nuova conferma dovrei dirvi: "spesso non hanno effetti collaterali, in circa 1 caso su 25 vaccinati può esserci invece un effetto. Questo sarà quasi sempre (nel 98% dei casi) la febbre. In altri casi si tratterà di altri effetti sempre temporanei e non preoccupanti. Quello che vi ho detto vi tranquillizza? Vi stupisce? Pensavate di saperlo o vi ho dato una notizia nuova?

Bene, che impressione può avere un genitore se invece legge questa notizia come l'hanno data i siti spazzatura?
Termini come "I risultati sono eclatanti." oppure "una notizia bomba" e titoli con punti esclamativi, secondo voi sono adatti a questa notizia o sono fatti per allarmare?
La mia convinzione, informandomi su quei siti, sarebbe più o meno:
"i vaccini, in 4 casi su 100 provocano effetti collaterali gravi, con il rischio di menomazione permanente e morte". È una notizia bomba, finalmente lo hanno ammesso.
Che dite?

Ecco.
Quando mi dicono che ci sono persone che hanno "dubbi" sui vaccini io tendo sempre a capire di chi si tratta. Perché se si tratta di genitori che, ingenuamente, leggono queste idiozie, pazienza, cerco di prendere tempo e spiegare, come ho fatto ora. Quando si tratta di gentaglia, di furbastri, di "antivaccinisti professionisti", c'è poco da discutere e spiegare, si mandano a quel paese (oggi si dice "blastare") perché se lo meritano.
Spiegare, quindi, è il miglior modo per "blastare" i ciarlatani. Secondo me.
Se parlo con una persona veramente curiosa, dubbiosa, interessata, un genitore che vuole scegliere in base a dati oggettivi, a razionalità e conoscenza, spiegare è doveroso (se ho scelto questo lavoro e questa strada). Se dall'altra parte non c'è nessuna intenzione di apprendere, di capire, c'è solo voglia di disturbare, diffondere una fissazione, fare propaganda, non c'è nessun motivo per spiegare, se non quello di mostrare la propria preparazione, cosa inutile ai fini della discussione.
Lo studio di cui parliamo non ha molte interpretazioni possibili (è più utile agli addetti ai lavori) ma se vogliamo "tradurlo" al pubblico non possiamo che trasmettere un dato tranquillizzante, i vaccini causano (pochi, passeggeri, noti) problemi che già conosciamo e nella quantità che conosciamo, chiunque dica altro non sa leggere gli studi (nella migliore delle ipotesi). Questo bisogna dirlo ai genitori dubbiosi. A chi invece deve trovare occasione per allarmare la gente non c'è niente da dire, troverà sempre un motivo per spargere paura e incertezza.

Per questo bisogna sempre distinguere l'interlocutore e per questo, nei limiti del possibile, con le persone perbene io parlo senza stancarmi, con la gentaglia non mi soffermo nemmeno un minuto.

Nel mio account Twitter ho riportato una citazione: "mi piace la verità, qualunque essa sia".
Che è quello che penso realmente.
Per questo spero che questa spiegazione sia servita.

Alla prossima.

martedì 27 novembre 2018

Pròstrati al controllo della prostata.

Se vi dicessi "controllate 20 volte al giorno la temperatura corporea, se non fosse di 37 °C venite da me che vi prescriverò degli esami e, se necessario, una terapia", secondo voi sarei un bravo medico? Posso dirvi di no.
E ve lo dico pure con sicurezza.
Sarei bravo se vi dicessi: "se state male controllate la temperatura corporea, se fosse oltre i 38 °C fatemi sapere che deciderò cosa fare".
Perché un aumento di temperatura corporea può dipendere da molti fattori, spesso è una cosa temporanea, senza importanza, senza significato e che non richiede nessun esame né quantomeno terapia, oltretutto un aumento di pochi gradi non ha grande significato, diverso se la temperatura fosse oltre i 38 °C e fosse accompagnata da altri sintomi, si dovrebbe indagare. Va esaminato il caso singolo insomma, uno per uno. Quasi ovvio.
Questo è il lavoro del medico che non deve dirvi "controllate continuamente" ma "ogni tanto controlla, non si sa mai e poi mi farai sapere".

Questo esempio lo faccio perché mi rendo conto che il concetto di "controllo meno per controllare meglio" è difficile da capire, controintuitivo, complesso.
È molto più immediato pensare "se mi controllo tanto eviterò meglio malattie e complicazioni", invece la realtà è l'esatto opposto.
Credo che l'idea del controllarsi "continuamente" sia quasi culturale.
Siamo passati da un'era di completa assenza di controlli (fino agli anni '60 esami e tecniche diagnostiche erano quasi primordiali) ad una (quella odierna, da almeno 20 anni a questa parte) piena di esami, strapiena di possibilità diagnostiche, test per tutto e ospedali sotto casa.
Come spiegare quindi al paziente che il modo migliore di prevenire le malattie è fare i controlli "dovuti" e non "continui"?

Un medico coscienzioso non riempie i pazienti di esami e cure, controlli e terapie vanno fatti solo se servono. Altrimenti vivremmo da malati, saremmo costantemente sotto controllo, senza motivo. Questo potrebbe comportare maggiori spese, stress, esecuzione di esami inutili, a volte dolorosi e rischiosi, terapie inutili, dannose, persino letali.

Questo a quanto pare non vale per gli urologi italiani.

Già in passato consigliavano ogni anno (ogni anno!) a tutti gli uomini oltre i 49 anni, di controllare la prostata con una visita, un'ecografia e un esame del sangue (il dosaggio del PSA, una sostanza prodotta dalla prostata che in passato era considerato segno indiscutibile di malattia prostatica) e quest'ultimo da fare (affermazione totalmente campata in aria) almeno (almeno!) una volta l'anno, di questo ne ho parlato. Il problema è che questa è una bugia scientifica.
Dal punto di vista medico è letteralmente una bufala.
Non capisco il loro ostinarsi nel voler indurre a tutti i costi una "ipermedicalizzazione" delle persone. Capisco la ricerca di pazienti o di guadagno ma c'è sempre un limite che, nel caso dei medici, è molto delicato. Il proprio guadagno (economico o professionale) non deve MAI (in nessun caso) andare contro l'interesse del paziente e se proprio non riusciamo a capirlo si usi almeno il buon senso, non si esageri.

Eppure, nonostante qualsiasi conoscenza scientifica, tutte le linee guida mondiali e persino le stesse società scientifiche di urologia di tutto il mondo, consiglino di non effettuare controlli continui della prostata (non servono, non salvano la vita, possono essere dannosi e persino causare interventi pericolosi e letali), loro insistono e, dopo una campagna che dava consigli avventati, anche quest'anno esce un articolo su una nuova campagna.

Anche stavolta, l'esperto intervistato, consiglia un controllo annuale: "Dopo i 45 anni, una volta l’anno va fatto il test del psa, l’esplorazione digito-rettale e l’ecografia"
Ma non è vero.
Non è vero.

Per non fare confusione riporto le linee guida della società europea di urologia (alla quale quella italiana dovrebbe fare riferimento) che consigliano (pag. 20) un dosaggio del PSA una prima volta a 50 anni e poi ogni 2 anni per chi fosse a rischio e ogni 8 anni (non ogni anno!) per i pazienti non a rischio. Ogni caso deve essere valutato singolarmente. Consiglio confermato dalla società americana di urologia: dosaggio ogni 2 anni o più. Dice la stessa società:

There is evidence to suggest that annual screening is not likely to produce significant incremental benefits when compared with an inter-screening interval of two years.

"L'evidenza suggerisce che il controllo annuale sembra non produrre benefici significativi a confronto di un controllo ogni due anni"



L'affermazione di fare un controllo ogni anno è quindi priva di base scientifica, di validazione, di evidenza, semplicemente non è vera.
L'idea che controllare spessissimo la propria salute sia un concetto sbagliato lo possiamo applicare in questo caso. La salute va controllata quando c'è un motivo o nei tempi previsti dalle singole situazioni (e questo deve dirlo il vostro medico), se tutti noi ci controllassimo continuamente saremmo una società malata senza avere nessuna malattia.

Il "molto tempo" è un concetto aleatorio ed è quindi la scienza, in base ai dati che abbiamo, alle evidenze e alle conoscenze, a dirci a quanto equivale. Non a caso la tempistica dei controlli varia da caso a caso, da una malattia all'altra, da una persona ad un'altra.

Nel caso del Pap test (un esame ginecologico che serve a diagnosticare i tumori del collo dell'utero) questa tempistica è di un esame ogni 3 anni (nelle persone sane e non a rischio di malattia). Farlo più spesso non solo non serve a niente (non aumenta la possibilità di diagnosi) ma espone a rischi (interventi invasivi, ulteriori esami, controlli rischiosi, danni, spese, stress...). Per questo si decide una tempistica utile, che bilanci rischi e benefici, che sia utile al paziente e non ad altri.
Nel caso di prevenzione del tumore alla prostata questa tempistica è stata fissata da tutte le società scientifiche al mondo in 2 anni se si è a rischio, in 8 anni se non si è a rischio (con variazioni da una realtà all'altra ma non esagerate).

Punto. Il resto sono chiacchiere e pubblicità. Che la campagna "a favore" della prevenzione dei problemi prostatici sia sostenuta (da sei anni, dicono nel loro sito) da un'azienda farmaceutica che produce farmaci per la prostata è un dato da sapere.
Il "bello" è che in alcuni giornali si dice, a proposito degli uomini italiani, che sarebbero, secondo un'indagine:
"Poco informati, ma con una certa consapevolezza della propria scarsa conoscenza; disattenti, ma non completamente all’oscuro delle problematiche e dei rischi urologici. È questo il rapporto tra gli uomini e la salute maschile secondo gli urologi italiani"
Qui mi sembra che di scarsa conoscenza ce ne sia da tutte le parti. Alla fine dell'articolo ripropongo un grafico (tradotto da me dall'originale inglese) che forse fa capire meglio perché non conviene "controllare tutti" (ad esempio con lo screening) ma solo i casi selezionati.

Insomma, per chi crede che le bufale siano solo dei ciarlatani e di chi dice di curare con i magneti, beh, eccone una che proviene dalla medicina che si dice "seria".
E ne dico un'altra: non è che i ciarlatani prosperino proprio perché la stessa medicina (seria) ha spesso l'atteggiamento del ciarlatano?

La risposta la lascio a voi perché non posso fare tutto io. :)

Alla prossima!


Su 1000 uomini che fanno il test del PSA, chi ne ha beneficio? E chi danno? Quanti ne salviamo e quanti ne danneggiamo?

venerdì 2 novembre 2018

La sindrome mediterranea.

Nel 2000 coronai il mio sogno umano e professionale di tentare un'esperienza di lavoro all'estero. Per chi, come me, aveva scelto come specializzazione l'ostetricia, andare in Francia era la meta. La Francia è considerata la patria dell'ostetricia moderna e della chirurgia ginecologica e, in effetti, posso dire di aver imparato proprio da loro la maggior parte del mio lavoro.
Quello che era routine in Francia da noi era appena arrivato, le attività pratiche (e per un chirurgo sono fondamentali) erano tante, continue, di alto livello.
Andai a lavorare in un grandissimo ospedale storico (prima per sei mesi nel nord est della Francia, poi in altri ospedali), già l'architettura metteva timore. In stile gotico, la costruzione risaliva all'inizio del 1900 ed era stata la casa di medici che avevo letto nei libri come inventori di strumenti, e classificazioni. Pensate che uno dei primissimi primari di quell'ospedale era stato l'inventore dello stetoscopio (lo strumento che permette di ascoltare il battito cardiaco fetale quando è ancora in utero).

Anche l'interno dell'ospedale era maestoso e quasi un museo. Dipinti antichi, statue di marmo, grandi scalinate e corridoi lunghissimi. Metteva soggezione (e infatti le prime settimane furono per me molto dure, psicologicamente).
Per me stare lì era un'occasione ed ero ansioso di apprendere, pendevo letteralmente dalle labbra di quei colleghi più grandi e esperti, quello che dicevano loro era prezioso e fondamentale.
Un giorno, mentre ero di turno, arriva una signora in gravidanza in preda alle doglie. Agitatissima.
Subito dopo essere entrata si ferma, si piega su se stessa e inizia a urlare. A voce altissima gridava "aiutatemi! Aiutatemi". Era di origine maghrebina.
Io mi avvicinai per cercare di darle una mano e provai, parlandole e sostenendola, di farla avvicinare al reparto così da farla sistemare e riposare. Niente, urlava e si dimenava dal dolore provocato dalle contrazioni.
Mi affrettai quindi, aiutandola, a farla entrare in una stanza dove c'erano delle ostetriche che avrebbero potuto prendersi cura di lei.
Notai che qualche mio collega francese, alla scena, assisteva con un fare un po' sornione. Una collega parlava all'orecchio con un altro e sorridevano assieme. Non capivo.
Quando lasciai la donna in stanza dalle ostetriche tornai indietro e incontrai di nuovo la collega che sorrideva (e lo faceva ancora) così per curiosità le chiesi: "ma perché ridi?"
Lei mi rispose più o meno: "non sai riconoscere la sindrome mediterranea? Eppure sei italiano..." e continuò a sorridere.
Io rimasi un po' perplesso.
Non conoscevo questa malattia, conoscevo l'anemia mediterranea, forse si riferiva a questa? E che c'entrava? E soprattutto che c'era da ridere?
Così non risposi e rimasi tutto il giorno con il dubbio della sindrome mediterranea.

Mi convinsi quasi subito che quella donna avesse qualche particolare che facesse sospettare la sindrome e che magari in Francia si chiamasse così ma da noi, in Italia, avesse un altro nome. Certo che ero curioso ma ero troppo preso dal lavoro per approfondire.
La sera consultai anche un libro ma non trovai traccia di questa misteriosa sindrome, internet non dava risultati e non avevo nemmeno il tempo di stare ore davanti al computer.
Passarono pochi giorni e durante il giro di visite in reparto, dopo aver controllato le donne operate il giorno prima, arrivati al letto di una di esse che si lamentava particolarmente, il primario disse: "datele un po' di morfina, questa è sindrome mediterranea".
Eccola di nuovo la misteriosa sindrome.
La sindrome mediterranea, malattia per me sconosciuta, era stata diagnosticata per due volte in pochi giorni, magari in Francia era comune, ecco un'altra cosa da imparare. Sicuramente dovevo approfittarne per capire, ero lì per quello.
Così in pausa pranzo, a tavola con alcuni miei colleghi, chiesi con tranquillità: "ragazzi ma qual è la sindrome mediterranea? In Italia la chiamiamo in qualche altro modo...".
Si guardarono per pochi secondi e scoppiarono tutti a ridere.
Non capivo.
Iniziai a capire dalle loro spiegazioni.

La sindrome mediterranea, per i francesi, è una forma razzista, vaga e senza basi mediche, per definire le persone che si lamentano eccessivamente (secondo i medici francesi) e che hanno origini mediterranee. Riguarda quindi proprio noi italiani, gli spagnoli, i greci ma anche gli originari del nord Africa (marocchini, tunisini, algerini), tantissimi in Francia.
Secondo i colleghi francesi noi saremmo particolarmente esagerati, spettacolari, quando dobbiamo dimostrare un nostro disturbo.
Se abbiamo un dolore urliamo, se ci gira la testa sveniamo, se abbiamo mal di gola non parliamo più, dimostriamo al mondo la nostra immane sofferenza mentre i "nordici" sono più chiusi, composti, meno esaltati. Noi italiani (e i "colleghi" che nascono vicino a noi) saremmo maleducati anche nel dolore. Questo perché noi che ci affacciamo sul mare siamo un popolo esagerato, teatrale.
È una cosa che non sa nessuno fuori dai confini francesi.
Non ci potevo credere.
Non si trattava di una malattia ma di un pregiudizio.

In Francia lo conoscono benissimo.
Ce terme désigne un comportement d’exagération des symptômes de la part d’un patient et ce, du fait de ses origines et de sa culture. Et l’on retrouverait donc ce syndrome chez les populations du pourtour méditerranéen (Italie, Espagne, Portugal, Maghreb). « C’est ce qu’on appelle – entre nous, quand le patient n’est pas là – le syndrome méditerranéen»
 "Questo termine indica un comportamento di esagerazione dei sintomi da parte di un paziente per le sue origini e la sua cultura. Questa sindrome la troveremo quindi nelle popolazioni del bacino mediterraneo (Italia, Spagna, Portogallo, Maghreb). "È quello che si chiama tra di noi, quando il paziente non ci ascolta, sindrome mediterranea""

Io, medico italiano, non ho mai visto una persona lamentarsi "troppo" o esageratamente in maniera legata alla sua origine etnica, senza dubbio il marocchino si lamenterà "come un marocchino" e un inglese lo farà "come un inglese" (nel senso che parlerà nella sua lingua, userà espressioni tipiche, così come gesti tipici della sua cultura) ma il dolore è dolore, per tutti ed è una cosa molto soggettiva per poterla generalizzare. Forse quando ci sono vissuti particolari, situazioni delicate, forse c'è qualche componente emotiva che può esagerare le manifestazioni ma non c'è sicuramente un "dolore regionale".
Ci sono italiani che esagerano, stranieri che non dicono una parola e viceversa.
Come detto il dolore è un sintomo molto soggettivo (ed un medico sa che giudicare un dolore è molto difficile).
Ho visto donne con un parto imminente lamentarsi di "qualche fastidio" ed altre con una contrazione ogni 5 ore urlare disperate. Il dolore non dipende dall'età o dalla razza di chi lo sopporta. Persino uno studio sembra dimostrarlo anche se con le difficoltà di un tale esperimento: provocare dolore in varie persone di etnie diverse, suscita la stessa risposta in tutti, indipendentemente dall'etnia o dalla provenienza e per essere più precisi, se piccole differenze possono esserci queste sono legate al contesto culturale ma non possono dirci nulla sul tipo e sull'intensità del dolore che, quando c'è, è uguale per tutti.



Al medico non è dovuto il "giudizio" sul paziente e su quello che lui sente o percepisce ma solo il giudizio sulla malattia, sul sintomo e sul disturbo.
Non per niente un medico non dirà mai "ha un dolore forte" ma "riferisce un dolore forte" perché solo il paziente può sapere se il suo dolore è sopportabile, forte, leggero o angosciante.

Questa storia della sindrome mediterranea mi colpì molto. Non solo per la sua evidente base razzista ma anche perché per i francesi noi italiani siamo "esagerati" mentre probabilmente per qualche italiano del settentrione del paese sarebbero esagerati i meridionali e per i meridionali i nordafricani e, dovete sapere, per i nordafricani sono quelli dell'Africa centrale gli esagerati (anche questo lo scoprìi in Francia).
Il razzismo ha pregiudizi che si alimentano a catena, ci sarà sempre qualcuno che sarà razzista nei tuoi confronti.
Per questo spesso, a chi dimostra razzismo contro una particolare popolazione, ricordo che se un giorno qualcuno vorrà essere razzista nei confronti di lui non ci vorrà uno sforzo particolare.
Si può essere razzisti nei confronti dei calvi o degli obesi. Degli ignoranti o dei poveri. C'è sempre un motivo (stupido) per essere razzisti nei confronti di qualcuno perché disprezzare qualcuno ci fa sentire migliori di lui.
Se qualcuno ci tratta da ultimi, disprezzare qualcun altro ci fa sentire penultimi.
Anche per questo il razzismo è stupido, non solo non ha ragione di esistere ma non conviene a nessuno, nemmeno al razzista.

Voi direte: ma che c'entra questo con MedBunker?
C'entra per tanti motivi.
Intanto è un pensiero che è nato durante la mia professione e poi mi è tornato in mente perché in questi mesi, in Francia, si è parlato proprio di questo.
Siamo a dicembre 2017, quando una donna di colore si lamentava di forti dolori "alla pancia" e si rivolge telefonicamente al SAMU (in nostro 118) per chiedere aiuto.
La donna, trasportata in ospedale, morirà nel pomeriggio per shock emorragico.

Il problema è nato quando un giornale locale ha diffuso le parole tra la donna e l'operatrice del centralino del servizio di emergenza medica. Mentre la donna si lamentava con voce flebile di avere "mal di pancia", "dolori dovunque", l'operatrice perdeva tempo. Alla frase "sto morendo" l'operatrice rispondeva: "certo signora, un giorno morirà come tutti".
Poi la voce al centralino si allontana e dice a qualche collega "dammi il numero, la signora che ho al telefono dice che morirà e certo, morirà come tutti" e la rimanda ad un altro servizio sanitario e non alle ambulanze con inevitabile perdita di tempo. Questa perdita di tempo sarebbe stata decisiva nella tempestività dei soccorsi. In seguito alla scoperta delle parole dell'operatore del centralino, questo è stato sospeso.

Il sospetto è che si sia trattato proprio di un caso di "razzismo medico". Da qui il dibattito sulla fantomatica "sindrome mediterranea" con la scoperta di tantissimi casi, tutti sottovalutati su pazienti stranieri o di etnia non europea che per gli operatori sanitari "esageravano" o "fingevano". Altre volte può essere una lezione per chi, operatore sanitario, sottovaluta sintomi e descrizioni fornite dai pazienti (qui mi rivolgo ai giovani colleghi: non sottovalutate MAI nessun segno, giudicate a posteriori non a priori).

Certo, a volte si tratta di "normali" errori medici. Per chi fa il medico è storia quotidiana imbattersi in chi, al pronto soccorso, sembra esagerare i sintomi e spesso è così ma il pericolo si nasconde quando non lo è. Questo è un ostacolo, capire fino a che punto sia allarmante un sintomo è difficile. Se però l'operatore sanitario aggiunge un altro ostacolo, pericolosissimo, il proprio pregiudizio, espone il paziente ad un problema grave e se stesso ad un errore gravissimo.

Non sembra comunque un problema che riguardi noi italiani ma probabilmente lo riguarda indirettamente perché mostra come i pregiudizi, soprattutto quelli culturalmente radicali, non sono solo stupidi ma possono essere anche pericolosi.

Alla prossima.

martedì 9 ottobre 2018

Gli ultimi cinque giorni di Riley.

Facendo un lavoro che a volte ti mette a contatto con la sofferenza e la morte, ogni volta che leggo qualcuno minimizzare gli effetti delle malattie o la realtà di certe sofferenze cerco di giustificarne il comportamento.

Nella mia vita ho "ovviamente" visto di tutto. Madri perdere i loro figli e figli perdere le loro madri. Non ti abitui mai, nemmeno se è una cosa che ti aspettavi. Devo dire che, da quando sono diventato genitore anche io, non riesco a resistere davanti alla sofferenza di un figlio che perde uno dei genitori, è un dolore molto forte che, da padre, non riesco a razionalizzare.
Ma sono quelle cose che fanno parte del lavoro che faccio, si va avanti e si continua.
Per questo quando sento persone che dicono che "di morbillo non è morto nessuno" o "le malattie esantematiche sono poca cosa" resto stupito ma poi mi rendo conto che finché da certe cose non ci passi sembra che non possano toccarti mai.

Ho sempre detto che i virus o i batteri non scelgono secondo la simpatia di ognuno di noi o perché siamo alti o bassi, vanno a caso, è il loro destino. Colpiscono chi capita. Spesso fanno male, a volte addirittura uccidono.
Per questo sostengo che impedire che queste sofferenze avvengano è un dovere per tutti, soprattutto per chi ha la responsabilità, come dei genitori, di bambini piccoli che non possono scegliere. Come possiamo proteggerci da queste malattie?
Oggi abbiamo la possibilità di farlo in due modi.
Vaccinandoci e vaccinando i nostri figli. C'è una piccola finestra nella quale non è possibile (sono troppo piccoli) vaccinare i bambini, può farlo la madre in gravidanza. Nel periodo della gestazione è infatti indicato vaccinarsi per l'influenza e per difterite, tetano, pertosse (con il vaccino acellulare). Proteggeremo nostro figlio appena nato.

Quando si parla di vaccini capisco perfettamente quei genitori che si fanno assalire da paure e fobie, perché la maggioranza dei genitori antivax sono semplicemente ansiosi, amano i loro figli come tutti i genitori ma si lasciano assalire dall'ansia instillata da furbetti e ciarlatani. Però non li capisco quando si intestardiscono nel trovare scuse per giustificarsi. Le malattie infettive sono pericolose per definizione. Possono causare disturbi seri quando va bene, possono diventare rischiose per la vita, possono uccidere.
Dipende da tante cose, poche controllabili o prevedibili. Può succedere a tutti, i virus e i batteri che colpiscono l'uomo sono fatti per contagiare, semplice.

Credo di essere cosciente di queste cose, non solo perché essendo un medico le ho studiate ma anche perché ho visto gli effetti devastanti di una rosolia in gravidanza o di una "banale" influenza sempre in gravidanza.
Perché ho visto il morbillo in un bambino e la pertosse in una bambina.
Per scelta e carattere non uso mai immagini impressionanti o storie strappalacrime, preferisco parlare di medicina spiegando in maniera razionale le cose ma qualche giorno fa mi sono imbattuto in una storia che inizialmente mi ha incuriosito, poi mi ha preoccupato e infine, con l'immagine finale, mi ha scioccato. Un pugno nello stomaco che vorrei arrivasse a quei genitori che fingono di credere alle malattie "buone" e gentili che non colpiranno mai i loro figli. Non ci sono malattie buone, non ci sono sofferenze "dovute" per i nostri bambini. Se è possibile prevenire una sofferenza abbiamo il dovere di farlo.
Per questo racconto questa storia e lo faccio anche perché lo hanno fatto i genitori di un bambino per sensibilizzare gli altri genitori.
Un ricordo della vicenda si trova anche su una pagina Facebook (che ha dei video impressionanti).
La storia mi ha colpito non per il finale, purtroppo comune a tante di queste storie ma per l'impatto dell'immagine che chiude la scena, che ho trovato incredibile, drammaticamente dura e forte.
Così non voglio girarci troppo attorno. Vi racconterò questa storia esattamente come l'ho appresa io, veloce, rapida. Non mi dilungherò con le parole, vi dirò quello che ha detto la mamma del piccolo.

È la storia di Riley Hughes, un neonato australiano, i cui genitori hanno deciso di raccontarne i primi giorni di vita.
Riley nasce a febbraio del 2015 a Perth, in Australia, in buona salute. Allattato dalla madre si mostra subito vivace e attivo.
Riley, due settimane dopo la nascita, con la sorellina.
Come ad ogni nuovo arrivo, la casa diventa una festa. Amici, parenti, tutti vogliono vedere Riley, che è veramente molto bello. Purtroppo il bambino, all'età di 27 giorni, inizia a stare male. Dorme più del solito e non si nutre bene.
I suoi genitori lo portano in ospedale. I medici iniziano degli esami e, a parte una leggera tosse ed uno stato un po' strano di quiete, il bambino non mostrava segni preoccupanti.
Riley viene quindi ricoverato per sicurezza e analisi più approfondite.

Il primo giorno di ricovero Riley mostrava una strana "stanchezza", dormiva molto e non si allattava come i primi giorni di vita. L'unica cosa che si evidenziava era una tosse insistente ma non tipica della pertosse.

Il secondo giorno di ricovero, i medici, vista la mancanza di altri dati, iniziarono a sospettare una pertosse atipica, la tosse era sempre più forte e Riley doveva essere nutrito a forza.


Al terzo giorno di ricovero le condizioni di Riley si fanno più serie. Nonostante non siano ancora pronti i risultati degli esami i medici sono quasi totalmente concordi nel parlare di pertosse. La situazione è difficile. Riley era troppo piccolo per essere vaccinato e la pertosse nei neonati può essere gravissima.


Le difficoltà respiratorie di Riley sono sempre più evidenti, sono necessarie terapie e lo stato di completo abbandono del bambino è chiaro. Trasferito in rianimazione, arrivano i risultati degli esami che confermano: è pertosse.

La mamma di Riley racconta un particolare da brividi. Il reparto di rianimazione è pieno di pubblicità di agenzie funebri per bambini e questo la fa entrare in uno stato di terrore e ansia incredibile.


Riley sta malissimo. I medici dicono di non nutrire molte speranze. Il papà gli canta la sua canzone preferita, in rianimazione cala il silenzio. Ormai gli organi del piccolo sono al collasso.


La sorella di Riley decora la piccola bara che contiene il corpo del neonato.


I genitori di Riley hanno espresso il desiderio di impegnarsi affinché queste cose non capitino ad altri bambini, ora sono coinvolti in iniziative di divulgazione, nelle quali spiegano l'importanza dei vaccini, soprattutto in gravidanza, che possono salvare tante vite, dalle sofferenze e dalla morte.
Così da rendere la morte di Riley, il loro neonato, utile a qualcuno.

Alla prossima.

***

"Nessun bambino o genitore deve passare attraverso questo dolore non necessario. Semplicemente non è giusto". Catherine Hughes, mamma di Riley.

La famiglia Hughes vuole essere sicura che la morte di Riley Hughes non sia stata inutile spiegando alle famiglie l'importanza della vaccinazione, cosa che hanno fatto collaborando con la Immunization Foundation of Australia per raccontare la storia di Riley sul Light for Riley Project.


lunedì 17 settembre 2018

Io e il CicapFest

Credo sia la quinta volta che partecipo (come spettatore o relatore) al Cicap Fest.
È il festival del Cicap, associazione fondata tanti anni fa da Piero Angela (un po' il papà di tutti noi divulgatori e di tutti gli appassionati di scienza e scienziati).
La prima volta partecipai per curiosità, poi me ne innamorai.
Succedevano cose strane che non puoi vivere in nessun altro momento della vita, immaginate poi per uno come me che fa un lavoro stressante e che richiede concentrazione continua. Nel festival invece mentre parlavo con un collega delle difficoltà nel comunicare l'idea di immunità di gregge, mi chiamano perché sta per iniziare la conferenza sui cerchi nel grano e mentre faccio una foto con un amico devo sbrigarmi o rischio di perdere la presentazione sugli esorcismi. Ma si parla anche di come si comunica con le persone, come si parla di vaccini, si spiegano i meccanismi della mente che ci fanno sbagliare giudizio, gli errori più tipici nell'alimentazione, nella chimica, nella vita di tutti i giorni. Insomma una vera palestra per la mente.
Nei giorni del festival io sono felice.
Parlo di cose belle e interessanti, stimolanti, il mio cervello si disintossica, si rilassa. E poi la sera ci sono sempre spettacoli bellissimi. Una sera quello di magia. Pensate a quando eravamo bambini e ci stupivano i maghi con i loro trucchi, pensate a riviverlo e a farlo nella cornice di un teatro classico. Sembra di essere sospesi nel tempo.
Non devi chiederti "che trucco usa?" o "l'ho capito, nasconde una carta nella manica!", devi solo lasciarti andare, stupirti, applaudire e sorridere. La sera dopo una intervista doppia: a Piero Angela e a Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana ad andare nello spazio. Passi da una cosa impegnativa ad una leggere, da un argomento ostico ad uno semplice, visiti una mostra di illusioni ottiche e ascolti una genetista. Cosa chiedere di più?

Samantha Cristoforetti e Piero Angela (di spalle il conduttore della serata) salutati dal pubblico alla fine dell'intervista.

Il problema è casomai la scelta, per vedere una presentazione devi rinunciare all'altra, per ascoltare un amico devi rinunciare all'altro ma come si fa, ci vorrebbero due mesi di festival.
Per questo, ogni volta che qualcuno mi chiede com'è il Cicapfest ne parlo in maniera entusiastica, è veramente entusiasmante.
Quest'anno poi la cornice era bellissima: Padova.
Città che evoca la scienza, con un'università di eccellenza, dove per la prima volta al mondo si laureò una donna. Città dove parlarono Galileo Galilei, Andrea Vesalio, Nicolò Copernico. Dove c'è un museo della storia della medicina bellissimo.
Basterebbe entrare nell'aula magna dell'università, a Palazzo Bo per capire la grandezza di questa istituzione italiana.

Aula magna dell'università di Padova, palazzo Bo.

La cattedra di legno che la tradizione vuole fosse quella dalla quale insegnava Galileo Galilei.

Cosa si cerca di più?
E poi le emozioni. Girarsi e trovarsi accanto a Piero Angela, sentire parlare il prof. Garattini o Roberto Vacca, vedere la presenza di tante istituzioni (il MIUR o l'istituto superiore di sanità tra le altre), di amici e persone interessanti. Bello, davvero bello.
Poi una cosa che mi ha sorpreso ed un po' fatto venire i brividi (concedetemelo, sto crescendo e ormai mi emoziono facilmente).

Ero relatore al Cicap fest e, per la mia frequentazione con il Cicap (sono socio emerito, con mio onore) e grazie a questo blog e ai miei libri, molte persone mi conoscevano o erano venute apposta per ascoltarmi.
Non mi stupisce la sala piena (non solo per me ovviamente, ero accompagnato da relatori di alto livello), al Cicap fest succede, mi ha stupito tutto il contorno. Oltre agli amici con i quali mi vedo anche solo in queste occasioni ma che è sempre un piacere incontrare e salutare, sono stati tantissimi i giovani che mi hanno fermato per un saluto, un complimento, una foto, un autografo, tantissimi.

Sala piena per la mattinata che mi ha visto tra i relatori

Studenti (anche di scuola superiore) che mi hanno detto di seguirmi da anni e che sono appassionati di scienza, che erano emozionatissimi all'idea di fare una foto con me, qualcuno quasi tremava. Io, che di certo non sono una rockstar, ero più emozionato di loro nel vedere quanta passione, quanto entusiasmo e quanta felicità potesse causare un incontro con me. Credo di rappresentare, per loro, una voce di razionalità, di ragionamento e studio. Forse rappresento anche uno scudo alla cattiva informazione. Se ci penso è troppo per me ma è anche bellissimo ed è una sfida. La stragrande maggioranza delle persone che mi ha fermato per un saluto era giovanissima. Alcuni persino troppo timidi per salutarmi (la prossima volta fatelo, non mangio nessuno).

Vedere un ragazzo di venti anni che mi ferma e mi dice "mi scusi, lei è Salvo Di Grazia? Io la seguo sempre, da anni, la ringrazio per tutto, grazie!" non è emozionante, è incredibile.
Perché questi ragazzi poi avranno altri riferimenti, come io avevo un mio zio medico che per me era un eroe e Piero Angela che mi aveva accompagnato nel piacere della scoperta ma il poster della mia stanza raffigurava il mio chitarrista preferito (con accanto Marylin Monroe). Se un giovane di oggi ascolta Young Signorino (mamma mia...) ma anche Samantha Cristoforetti che spiega la differenza tra "mancanza di gravità" e "assenza di peso", cosa c'è di male? Niente, è normalissimo, è esattamente identico a me o altri che ascoltavano Piero Angela che spiegava come si estinsero i dinosauri e i Righeira (mamma mia...) che cantavano "Vamos alla playa", è giusto così.

Non è Salvo Di Grazia che formerà questi ragazzi è la sua idea, il suo esempio, la strada che contribuisce, con altri, a costruire. È questo incredibile e bellissimo.

Come si fa quindi a non essere ottimisti?
Quando sentiamo parlare di gioventù bruciata, senza futuro, persa, non è forse la stessa cosa che sentivamo quando eravamo giovani noi?
Cosa ha fatto quindi la differenza tra un giovane che effettivamente si è poi bruciato e un altro che invece ha preso una strada considerata "positiva"?
Tantissime cose, anche imprevedibili ma probabilmente anche questo, l'esempio degli altri, i riferimenti, i simboli che incontri nella tua vita, volente o nolente, contribuiscono a formarti e formare la tua mentalità.

Quando si torna a casa, finito il Cicap fest, si è molto stanchi ma la sensazione è quella di quando si finisce un viaggio: non vedevi l'ora di tornare ma è stato bellissimo e lo rifaresti domani.

A chi ha organizzato vanno i complimenti, una cosa veramente fatta bene, maestosa, enorme e riuscita. Un ringraziamento particolare a tutti i ragazzi (volontari!) dello staff, perfetti, gentili, in gamba, senza di loro nulla sarebbe stato così bello.
Perché, lo dico, sinceramente, è veramente tutto bello.
Infatti al Cicap fest mi sento felice.

Si vede che ero felice? (credit: Andrea Salsi)

Per questo, e ve lo dico da ora proprio per darvi il tempo di prepararvi, vi posso dare un consiglio: partecipate al prossimo, se vi piacerà, partecipate agli altri. Lo farete per voi e vi farà pure bene alla mente.

Alla prossima.

lunedì 20 agosto 2018

Complotti in soldoni.

C'è poco da fare.
Internet è stata un'invenzione eccezionale. Mette a disposizione una mole di dati incredibile e raggiungibile con una facilità e velocità impensabili fino a pochi anni fa. Per chi come me ha vissuto a cavallo del suo avvento (ricordo le pagine che si caricavano in mezz'ora degli esordi del web) si è trattato di una rivoluzione.

Come in tutte le rivoluzioni, accanto ai tanti ed insostituibili lati positivi, ci sarà sempre qualcuno che ne approfitta.
Così nel marasma della rete web si è notato che internet consente a tutti di esprimersi, cosa bellissima ma insidiosa, chiunque, competente o meno, sano di mente o meno, buono o cattivo, può esprimersi, diffondere le sue idee e creare discussioni di qualsiasi tipo. Questo può creare confusione, disordine, incertezza, può diffondere cattive notizie, a volte vere e proprie falsità, seminare sfiducia, paure, disagi. Insomma, non tutto ciò che ci permette internet è positivo.
Ma bisogna essere ottimisti. Internet è un mezzo e lo prendiamo per quello che è.
Uno degli aspetti "neri" della rete è il complottismo.

Si tratta di una corrente di pensiero che esiste da sempre per la quale ogni evento umano non è casuale ma frutto di accordi, complotti e, soprattutto gli eventi storici, quelli importanti o noti, sono sempre un falso, qualcosa creata a tavolino, un falso evento costruito per ottenere qualcosa (a danno della popolazione).
Il complottismo, lo dico a scanso di equivoci, è uno stupidaggine ed è appannaggio degli stupidi. I complotti esistono (hanno fatto la storia dell'uomo) ma che ogni evento umano diventi un complotto è un'idea da patologia psichica (ne ho parlato anni fa). I complottisti seminano false notizie, allarmi, creano confusione, caos sociale e lo fanno per puro interesse personale. Non tutti però.
Esistono complottisti per mentalità ma esistono complottisti per interesse (a volte i primi si trasformano nei secondi): soldi, guadagno. Si creano una fedele clientela (di creduloni) e vendono notizie (false) ma anche oggetti, gadget, video, conferenze.
Non ci arricchisce (in Italia) con il complottismo ma si "arrotonda".
Ora, se il complottista per mentalità è spesso ingenuo e semplicemente non sa distinguere le notizie false da quelle vere, il complottista per mestiere le notizie false le crea, il dubbio lo insinua, lo costruisce, è il suo stipendio.

In Italia, uno dei guru del complottismo, è Massimo Mazzucco. Un tempo regista di film si è poi abbandonato ai video su You Tube e alla creazione di storie misteriose e false cure mediche.
Perché parlo di lui?
Perché se leggete tutto questo e se ho fatto della divulgazione un mio secondo lavoro lo devo tutto a lui.

Questo personaggio mi è tornato in mente in occasione dei tragici fatti di Genova, l'incredibile crollo del ponte che ha causato decine di vittime. Tra cordoglio, stupore e disperazione, è apparso anche lui, Mazzucco, che con un guizzo da serpente, si è chiesto come mai non ci fossero video chiari sul crollo del ponte. Non video in generale, proprio video che mostrino il punto esatto del crollo prima del crollo.

Non so perché non ci siano ancora video chiari (non so nemmeno se ne esistano, non mi interessa) ma per lui questo è segno che c'è qualcosa che non va, che le autorità ci mentono, che c'è sicuramente qualcosa da nascondere. Sono passati (il giorno dell'articolo di Mazzucco) solo quattro giorni dalla tragedia e già il complottista si fa domande. Non aspetta lo sviluppo delle indagini, il passare del tempo, non aspetta che qualcuno scopra telecamere che abbiano ripreso dettagliatamente la scena (che potrebbero pure non esserci, non è che si sa prima il punto esatto di un crollo), non si chiede se qualcosa (le condizioni del tempo, la pioggia, le posizioni delle cose) possa aver impedito di soddisfare la sua curiosità, non aspetta le indagini. C'è qualcosa che non va. Punto.

Ecco, questo è il complottismo.
Il fatto che non ci siano video chiari sul crollo del ponte (che non sappiamo se è vero, magari ce ne sono ma non sono stati mostrati al pubblico, la realtà non è fatta solo di telegiornali e Facebook) significa mille cose ma non per forza che si nasconda qualcosa, d'altronde ci sono pure testimoni oculari, tanti ma "non ci sono i video". Ecco come Mazzucco, complottista per eccellenza, ha trovato il mistero da vendere. E infatti i suoi lettori gongolano.
"Ora ti riconosco!", gli dice uno dei suoi.
Per Mazzucco il crollo del ponte di Genova è un "nuovo Pentagono" (riferimento ai fatti dell'11 settembre, ovviamente anch'essi un complotto). Non è una tragedia italiana, terribile, non è dolore e spavento, è un nuovo Pentagono (ma con il punto interrogativo, così può dire che lui si fa le domande ma lascia comodamente le conclusioni ai boccaloni).
Questo personaggio l'ho dimenticato da tempo ma rivederlo a parlare di "misteri" inseguendo il dolore e la morte mi ha fatto ricordare i fatti di tanti anni fa.

Mazzucco mi fece entrare nel mondo del complottismo quando iniziò a pubblicizzare le attività di un guaritore, un ex medico che diceva che tutti i tumori fossero causati dalla candida (un fungo comune) e che la cura fosse il bicarbonato di sodio (già, il bicarbonato di sodio). L'ex regista gestiva il sito "statunitense" del guaritore e ne curava i contatti. Questo ex medico, Tullio Simoncini, pregiudicato, pluricondannato, radiato dall'ordine dei medici, arriva a chiedere anche 30.000 euro per una "cura" con il bicarbonato miracoloso.

Per "provare" queste incredibili guarigioni Mazzucco realizzò dei video ed uno di questi (forse il primo ma non ricordo bene) lo pubblicò nel suo sito, dando un titolo altisonante: "guarisce dal tumore alla vescica via email con il bicarbonato di sodio".
In questo video una signora australiana, Lorna, diceva di avere avuto un tumore alla vescica, di aver chiesto a Simoncini dei consigli via email e che questo le avesse consigliato dei lavaggi con acqua e bicarbonato. Così facendo, in poco tempo, il tumore sarebbe sparito. Tutto certificato da referti che venivano mostrati nel video, con le sottolineature e gli "zoom" che certificavano "assenza di malattia", "guarigione".
Mazzucco, alle richieste incredule dei suoi lettori rispondeva sottolineando ed insistendo sul fatto che la signora, oltre al bicarbonato magico, non aveva fatto altre cure: "la signora non ha subito nessun trattamento", solo il bicarbonato.


Incredibile ma vero, eppure i suoi non ci credevano ma niente: "la signora ha rifiutato qualsiasi cura e ha fatto solo il bicarbonato". Più chiaro di così (anzi Mazzucco si chiedeva "cosa c'è di difficile da capire?").


Ora, potete comprendere che riuscire a curare via posta elettronica con il bicarbonato di sodio un tumore sarebbe qualcosa che nemmeno il più stupido dei boccaloni potrebbe credere, ci troveremmo davanti ad un miracolo, invece nel suo sito molti erano entusiasti. Compreso un mio collega, intelligente ma pigro, che mi segnalò il fatto.
Io andai a guardare questo video e, come farebbe qualsiasi medico di normale preparazione, cerca di leggere i referti che "certificavano" l'incredibile guarigione. Feci insomma la cosa più normale e semplice da fare: controllare.

Con pazienza guardai i video e, al momento dei referti, feci un fermo immagine per leggerli meglio, senza la distrazione di "zoom" ed inquadrature da Hollywood.

Nei referti c'era scritta la realtà, quella che va oltre i sogni, le invenzioni, le bugie, le bufale.

Lorna aveva subito degli interventi chirurgici (in gergo tecnico TURBT, l'intervento di routine in questi casi) che le hanno tolto ogni traccia del tumore.

il referto del medico che appariva nel video, c'è scritto: "ho rivisto Lorna oggi, dopo la sua TURBT della scorsa settimana..."

Nessun miracolo, nessun bicarbonato, Lorna si era curata come si sarebbe curata qualsiasi persona al mondo con questa malattia, in ospedale, con un'operazione.
Era una bufala ben confezionata, con un trucco nel filmato che potesse colpire gli ingenui spettatori. Semplice.
Così come erano bufale anche altri video su guarigioni miracolose del guaritore romano, un ritocco, un trucco, un falso referto ed ecco che si crea il "caso".
Molti dei "guariti" da Simoncini" dei video creati da Mazzucco, oggi sono morti. Restano guariti solo su internet.

Non vi racconto cosa successe dopo. Iniziai a controllare altre presunte guarigioni miracolose di Simoncini scoprendo che in tutte c'era qualche trucco, delle manipolazioni, referti falsi e Mazzucco, nel caos più totale (arrivò a chiudere il sito non sapendo che pesci prendere) mi mandò via, espellendomi con la scusa di aver "offeso", diffamato il guaritore del bicarbonato. Una realtà virtuale. Nel mondo normale una persona che svela una truffa verrebbe ringraziata, premiata, nel web del complottismo rompe un gioco, un ingranaggio e deve scomparire.

Svelare che un guaritore ha utilizzato trucchi per imbrogliare è "diffamare". La realtà parallela del complottismo.

In quel momento iniziò l'avventura di MedBunker. Non volendo perdere l'insegnamento di quell'esperienza iniziai a scrivere qui, il resto è storia.
Ho anche ringraziato Mazzucco per aver contribuito alla nascita della mia nuova passione ma non mi sembrò così entusiasta della mia gratitudine.

Pazienza.

Ecco, questo per dire come dietro al complottismo non c'è normale "voglia di capire" o sano sospetto.  Non vedrete mai un complottista indagare o scoprire segreti dietro i disastri ambientali o l'inquinamento. Li vedrete discutere di UFO, di cerchi nel grano o strane esperienze paranormali. Le cure "alternative" non sono interessanti o da sperimentare, sono il bicarbonato, la pranoterapia, il decotto di erbe. Sciocchezze, banalità. Mazzucco, alla sua veneranda età, è ancora lì che parla del "falso" sbarco sulla Luna, del "falso" attentato alle torri gemelle, degli extraterrestri che fanno i cerchi nel grano ed è sempre lì che crea video su corpi di alieni ritrovati in America. Argomenti risibili, che non hanno nessuna importanza per la vita che viviamo, banali.
Perché devono essere cose semplici, comprensibili, devono arrivare alla parte del cervello più stupida, quella che si accontenta. Per Mazzucco nel crollo del ponte (tre giorni dopo) il "mistero" è la mancanza di filmati. Lancia l'amo con un dubbio, semina incertezza e ansia e qualcuno abboccherà. Complottismo.

Perché lo fanno?
Spesso ci sono interessi economici, altre volte semplice mitomania o voglia di farsi notare. Mille motivi. Il problema è che questa gente semina dubbi e paure che possono essere pericolose. Simoncini, negli anni, dopo essere diventato ricco, ha seminato morte e dolore, le sue vittime ormai non si contano più e Mazzucco ne parlava (e ne parla) come se parlasse di un benefattore.

Rivedere Mazzucco, una persona adulta, matura, che blatera ancora di telecamere e complotti anche in occasione di questa tragedia, mi ha riportato in mente quei giorni di tanti anni fa, quando, ancora inesperto, cercavo di capire come avesse fatto il bicarbonato a curare un tumore, visto che all'università mi avevano insegnato cose diverse e visto che, conoscendo i tumori, non credevo possibile che del bicarbonato potesse curarli. Scoprire che esistono persone che si inventano sciocchezze anche in cose gravissime e delicate, mi sconvolse ma mi aprì anche un mondo, una realtà che non conoscevo.

Il ponte che è crollato è una tragedia ma è ancora più tragico che ci siano persone che usano le tragedie per creare una storia parallela che non serve a nessuno se non a loro stesse. Facendolo non mancano di rispetto solo a chi legge, a chi potrebbe crederci (se racconti bugie non stai rispettando chi ti ascolta) a chi potrebbe trovarsi in un momento di bisogno e cadere nelle mani di un ciarlatano, non rispetti nemmeno chi sta soffrendo, chi ha avuto morti in famiglia e nemmeno le vittime. Non stai rispettando nessuno, nemmeno te stesso che hai trasformato in un bufalaro.

Forse è questo che dovremmo insegnare ai nostri figli, il rispetto.
A prescindere.

Alla prossima.

"Le teorie di complotto sono popolari perché, non importa di cosa trattano, sono tutte realtà confortevoli, perché sono tutte modelli di semplicità totale". (William Gibson)