Se vi dicessi "controllate 20 volte al giorno la temperatura corporea, se non fosse di 37 °C venite da me che vi prescriverò degli esami e, se necessario, una terapia", secondo voi sarei un bravo medico?
Posso dirvi di no.
E ve lo dico pure con sicurezza.
E ve lo dico pure con sicurezza.
Sarei bravo se vi dicessi: "se state male controllate la temperatura corporea, se fosse oltre i 38 °C fatemi sapere che deciderò cosa fare".
Perché un aumento di temperatura corporea può dipendere da molti fattori, spesso è una cosa temporanea, senza importanza, senza significato e che non richiede nessun esame né quantomeno terapia, oltretutto un aumento di pochi gradi non ha grande significato, diverso se la temperatura fosse oltre i 38 °C e fosse accompagnata da altri sintomi, si dovrebbe indagare. Va esaminato il caso singolo insomma, uno per uno. Quasi ovvio.
Questo è il lavoro del medico che non deve dirvi "controllate continuamente" ma "ogni tanto controlla, non si sa mai e poi mi farai sapere".
Questo è il lavoro del medico che non deve dirvi "controllate continuamente" ma "ogni tanto controlla, non si sa mai e poi mi farai sapere".
Questo esempio lo faccio perché mi rendo conto che il concetto di "controllo meno per controllare meglio" è difficile da capire, controintuitivo, complesso.
È molto più immediato pensare "se mi controllo tanto eviterò meglio malattie e complicazioni", invece la realtà è l'esatto opposto.
È molto più immediato pensare "se mi controllo tanto eviterò meglio malattie e complicazioni", invece la realtà è l'esatto opposto.
Credo che l'idea del controllarsi "continuamente" sia quasi culturale.
Siamo passati da un'era di completa assenza di controlli (fino agli anni '60 esami e tecniche diagnostiche erano quasi primordiali) ad una (quella odierna, da almeno 20 anni a questa parte) piena di esami, strapiena di possibilità diagnostiche, test per tutto e ospedali sotto casa.
Siamo passati da un'era di completa assenza di controlli (fino agli anni '60 esami e tecniche diagnostiche erano quasi primordiali) ad una (quella odierna, da almeno 20 anni a questa parte) piena di esami, strapiena di possibilità diagnostiche, test per tutto e ospedali sotto casa.
Come spiegare quindi al paziente che il modo migliore di prevenire le malattie è fare i controlli "dovuti" e non "continui"?
Un medico coscienzioso non riempie i pazienti di esami e cure, controlli e terapie vanno fatti solo se servono.
Altrimenti vivremmo da malati, saremmo costantemente sotto controllo, senza motivo.
Questo potrebbe comportare maggiori spese, stress, esecuzione di esami inutili, a volte dolorosi e rischiosi, terapie inutili, dannose, persino letali.
Questo a quanto pare non vale per gli urologi italiani.
Già in passato consigliavano ogni anno (ogni anno!) a tutti gli uomini oltre i 49 anni, di controllare la prostata con una visita, un'ecografia e un esame del sangue (il dosaggio del PSA, una sostanza prodotta dalla prostata che in passato era considerato segno indiscutibile di malattia prostatica) e quest'ultimo da fare (affermazione totalmente campata in aria) almeno (almeno!) una volta l'anno, di questo ne ho parlato.
Il problema è che questa è una bugia scientifica.
Dal punto di vista medico è letteralmente una bufala.
Dal punto di vista medico è letteralmente una bufala.
Non capisco il loro ostinarsi nel voler indurre a tutti i costi una "ipermedicalizzazione" delle persone. Capisco la ricerca di pazienti o di guadagno ma c'è sempre un limite che, nel caso dei medici, è molto delicato. Il proprio guadagno (economico o professionale) non deve MAI (in nessun caso) andare contro l'interesse del paziente e se proprio non riusciamo a capirlo si usi almeno il buon senso, non si esageri.
Eppure, nonostante qualsiasi conoscenza scientifica, tutte le linee guida mondiali e persino le stesse società scientifiche di urologia di tutto il mondo, consiglino di non effettuare controlli continui della prostata (non servono, non salvano la vita, possono essere dannosi e persino causare interventi pericolosi e letali), loro insistono e, dopo una campagna che dava consigli avventati, anche quest'anno esce un articolo su una nuova campagna.
Anche stavolta, l'esperto intervistato, consiglia un controllo annuale:
"Dopo i 45 anni, una volta l’anno va fatto il test del psa, l’esplorazione digito-rettale e l’ecografia"
Ma non è vero.
Non è vero.
Non è vero.
Per non fare confusione riporto le linee guida della società europea di urologia (alla quale quella italiana dovrebbe fare riferimento) che consigliano (pag. 20) un dosaggio del PSA una prima volta a 50 anni e poi ogni 2 anni per chi fosse a rischio e ogni 8 anni (non ogni anno!) per i pazienti non a rischio. Ogni caso deve essere valutato singolarmente. Consiglio confermato dalla società americana di urologia: dosaggio ogni 2 anni o più. Dice la stessa società:
There is evidence to suggest that annual screening is not likely to produce significant incremental benefits when compared with an inter-screening interval of two years.
"L'evidenza suggerisce che il controllo annuale sembra non produrre benefici significativi a confronto di un controllo ogni due anni"
L'affermazione di fare un controllo ogni anno è quindi priva di base scientifica, di validazione, di evidenza, semplicemente non è vera.
L'idea che controllare spessissimo la propria salute sia un concetto sbagliato lo possiamo applicare in questo caso. La salute va controllata quando c'è un motivo o nei tempi previsti dalle singole situazioni (e questo deve dirlo il vostro medico), se tutti noi ci controllassimo continuamente saremmo una società malata senza avere nessuna malattia.
Il "molto tempo" è un concetto aleatorio ed è quindi la scienza, in base ai dati che abbiamo, alle evidenze e alle conoscenze, a dirci a quanto equivale. Non a caso la tempistica dei controlli varia da caso a caso, da una malattia all'altra, da una persona ad un'altra.
Nel caso del Pap test (un esame ginecologico che serve a diagnosticare i tumori del collo dell'utero) questa tempistica è di un esame ogni 3 anni (nelle persone sane e non a rischio di malattia). Farlo più spesso non solo non serve a niente (non aumenta la possibilità di diagnosi) ma espone a rischi (interventi invasivi, ulteriori esami, controlli rischiosi, danni, spese, stress...). Per questo si decide una tempistica utile, che bilanci rischi e benefici, che sia utile al paziente e non ad altri.
Nel caso di prevenzione del tumore alla prostata questa tempistica è stata fissata da tutte le società scientifiche al mondo in 2 anni se si è a rischio, in 8 anni se non si è a rischio (con variazioni da una realtà all'altra ma non esagerate).
Punto. Il resto sono chiacchiere e pubblicità. Che la campagna "a favore" della prevenzione dei problemi prostatici sia sostenuta (da sei anni, dicono nel loro sito) da un'azienda farmaceutica che produce farmaci per la prostata è un dato da sapere.
Il "bello" è che in alcuni giornali si dice, a proposito degli uomini italiani, che sarebbero, secondo un'indagine:
Il "bello" è che in alcuni giornali si dice, a proposito degli uomini italiani, che sarebbero, secondo un'indagine:
"Poco informati, ma con una certa consapevolezza della propria scarsa conoscenza; disattenti, ma non completamente all’oscuro delle problematiche e dei rischi urologici. È questo il rapporto tra gli uomini e la salute maschile secondo gli urologi italiani"Qui mi sembra che di scarsa conoscenza ce ne sia da tutte le parti. Alla fine dell'articolo ripropongo un grafico (tradotto da me dall'originale inglese) che forse fa capire meglio perché non conviene "controllare tutti" (ad esempio con lo screening) ma solo i casi selezionati.
Insomma, per chi crede che le bufale siano solo dei ciarlatani e di chi dice di curare con i magneti, beh, eccone una che proviene dalla medicina che si dice "seria".
E ne dico un'altra: non è che i ciarlatani prosperino proprio perché la stessa medicina (seria) ha spesso l'atteggiamento del ciarlatano?
La risposta la lascio a voi perché non posso fare tutto io.
:)