Gli orrori della guerra sono sotto gli occhi di tutti, c'è chi l'ha vissuta in prima persona e chi ne ascolta i racconti, chi la vede solo in televisione e chi ne legge gli sviluppi sui giornali, la prima banalità è che la guerra è sempre un dramma, che distrugge persone, luoghi, affetti e storie, la seconda è che, nonostante la "banalità" del concetto, l'uomo continua a farla.
La guerra causa ferite del corpo e della psiche ed una delle sue conseguenze più lampanti sono le cicatrici fisiche, perché si vedono, trasformano e debilitano ma c'è un'altra conseguenza meno nota e spesso non raccontata, è quella psichica, le cicatrici nella mente che una guerra lascia in chi l'ha combattuta. Orribili perché mostrano cosa significhi annullare la propria persona per essere uno soldato tra tanti, cosa comporta il combattere i propri simili e cosa resta di una tragedia dopo la sua conclusione.
Le conseguenze psichiche di un conflitto nei militari che vi hanno partecipato sono da sempre oggetto di studi e ricerche, sono spesso conseguenze di tipo "post traumatico", derivanti dalle lunghe giornate in attesa di un attacco (da fare o ricevere), dall'attesa di un ordine in condizioni precarie e dalla visione quotidiana della morte e della sofferenza, dal continuo stress dei bombardamenti, spesso lo stress è consapevole, si legge nelle parole di chi la comunica ai propri cari, traspare dalle lettere che i militari inviano ed inviavano ancora di più (era l'unico mezzo di comunicazione) nelle guerre passate a casa, coscienti del fatto che al loro ritorno (se mai fosse avvenuto) non sarebbero stati gli stessi, ridotti ormai a strumenti di guerra e burattini del potere. Le caratteristiche del disturbo post traumatico da stress bellico (possiamo definire così l'insieme dei disturbi dei militari che hanno partecipato attivamente ad operazioni di guerra riportando disturbi psichiatrici o psicologici) sono abbastanza simili nel tempo. Quelli osservati durante e dopo i due grandi conflitti (la prima e la seconda guerra mondiale) sono simili a quelli delle guerre più recenti e sono simili nei vari eserciti impegnati, si è notata invece una differenza nell'impatto che ha il problema nelle varie società, mostrando quindi una variabilità di tipo culturale. In Inghilterra, ad esempio, la sindrome ha avuto un fortissimo impatto sociale sull'opinione pubblica ed ha cambiato la percezione della guerra nella popolazione, da grandioso strumento di dominio a pericoloso strumento di morte, in altre nazioni (Belgio, ad esempio) si è trattato il problema marginalmente e sono pochi di documenti e le testimonianze diffuse tra la popolazione.
I documenti risalenti alle prime osservazioni della sindrome, relativi alla prima guerra mondiale, sono importantissimi proprio per le caratteristiche di quel conflitto, molto più "di contatto" e "umano" di quelli odierni che prevedono raramente dei combattimenti "corpo a corpo" ed esistono anche in rete molti video che dimostrano la drammaticità del disturbo (come qui e qui, attenzione, possono turbare i più sensibili).
I documenti risalenti alle prime osservazioni della sindrome, relativi alla prima guerra mondiale, sono importantissimi proprio per le caratteristiche di quel conflitto, molto più "di contatto" e "umano" di quelli odierni che prevedono raramente dei combattimenti "corpo a corpo" ed esistono anche in rete molti video che dimostrano la drammaticità del disturbo (come qui e qui, attenzione, possono turbare i più sensibili).
Lo sguardo perso nel vuoto |
Oggi, il vantaggio di terapie mirate e più efficaci consente un recupero che in passato era spesso impossibile e condannava i "traumatizzati" ad un eterna discesa nell'inferno della follia. Un altro aspetto dei trattamenti passati, infatti (dei quali esistono diverse testimonianze video e dei quali parlò anche Sigmund Freud), era che molti dei soldati colpiti dalla sindrome erano considerati dei "simulatori", delle persone che fingevano per essere ricoverate ed evitare quindi le trincee e per questo anche i tentativi di recupero erano spesso tardivi, superficiali, poco attenti, tanto da essere considerati per certi versi "punitivi", correttivi nei confronti di "codardi" e finti malati. I metodi di recupero erano quindi violenti, dolorosi, minacciosi. Si ricorreva spesso all'elettroshock e qualche beneficio si otteneva più per la paura, da parte del soldato, di rivivere i dolori che per effettiva efficacia.
In medicina si chiama "shell shock syndrome", la sindrome da shock da bombardamento che oggi indica genericamente una psicosi che segue un forte stress ed il termine fu coniato nel 1915 quando fu usato in una pubblicazione scientifica sul tema.
Lo sguardo perso nel vuoto, in inglese "thousand yard stare" ("sguardo a migliaia di metri", termine diventato popolare dopo un disegno apparso in un giornale americano) è la prima cosa che ha colpito chi ha osservato questi soldati. Definito come uno sguardo sfuocato, fisso, vuoto, distante, il soldato con la sindrome presenta spesso questo sintomo che è accompagnato da altri disturbi che, se possibile, sono anche più drammatici. Tic nervosi, allucinazioni, convulsioni, movimenti ripetitivi e spasmodici, spasmi del viso e del corpo, assistere alle crisi di un paziente con questo disturbo è il riassunto del dramma vissuto, della paura, la solitudine e l'alienazione militare in guerra. I sintomi possono presentarsi in maniera isolata o assieme, possono comparire in certi momenti della giornata (la notte, durante il sonno, quando si cammina) o continuamente. In alcuni soldati si assisteva ad una deambulazione che mimava la marcia, un rigido movimento impossibile da evitare. Altri sparano nel vuoto, con le mani, ad occhi chiusi. Altri piangono, urlano, gridano, mimano il lancio di una granata.
Tutti sono dissociati dalla realtà, alternano momenti di profonda frustrazione ad altri di esaltazione e la reintegrazione in società o in famiglia è molto complicata se non impossibile.
Inizialmente i medici tendevano a dividere in due classi i soldati che soffrivano di questi disturbi. Per loro bisognava definire "fisicamente colpiti" coloro che erano stati esposti direttamente ad esplosioni, bombardamenti, crolli o scuotimenti violenti. Per alcuni studiosi infatti, i sintomi potevano essere dovuti alla "concussione" (scuotimento) del corpo e della scatola cranica del soldato esposto. Per altri studiosi invece non vi era necessità di "trauma fisico" diretto per causare la sintomatologia ed oggi la conoscenza del problema è abbastanza chiara nel definire questo disturbo non come "trauma fisico" ma come trauma psicologico, cosa che è evidente anche per il fatto che sono diversi i militari che soffrono della sindrome anche se non sono stati esposti direttamente ad esplosioni o traumi fisici.
Per l'elevato numero di pazienti furono interi ospedali ad essere attrezzati per trattare i colpiti dal disturbo ed in Francia, fino al 1960, era possibile trovare sopravvissuti al primo conflitto mondiale, ancora sofferenti per le conseguenze psicologiche della guerra. Casi numerosi anche in occasione delle altre guerre, compresa la guerra del Vietnam e le varie guerre in medio oriente e casi presenti anche nelle fila delle nostre truppe impegnate in combattimenti passati e presenti.
La sindrome post traumatica, infatti, è presente ancora oggi.
Nonostante il recupero (o il tentativo di recupero) molti soldati hanno ricadute o presentano alterazioni psicologiche difficilmente controllabili ma nonostante questo molti dei ricoverati per la sindrome, recuperati, sono stati rimandati al fronte per riprendere i combattimenti e per questo molti eserciti (statunitense, per esempio) prevedono unità di sostegno psicologico sul campo per trattare immediatamente i soggetti a rischio, sul posto.
Dopo la prima guerra mondiale i casi furono centinaia, alcuni gravissimi, tanto che la figura del "pazzo di guerra" (in Italia "scemo di guerra") era abituale e ben conosciuta, quasi una classe sociale che impegnò molti psichiatri nello studio del trattamento più utile. Oggi vi è più consapevolezza del benessere dei militari (per quanto possibile...) e del loro recupero post guerra che non è per niente semplice e che resta sempre un difficile ritorno alla normalità dopo aver vissuto l'inferno.
Un motivo in più per considerare inutile e pericolosa la guerra, in qualsiasi sua forma.
Alla prossima.
Bibliografia:
La pagina di Wikipedia inglese, ben fatta, sull'argomento.
La pagina sul tema dell'American Psychological Association.
La pagina sul tema dell'American Psychological Association.