giovedì 25 settembre 2014

Un frammento di inutile ghiaia.

La SLA (sclerosi laterale amiotrofica) è una malattia neurodegenerativa, a decorso progressivo, incurabile e rara.
Colpisce più gli uomini delle donne e può colpire a qualsiasi età diventando molto rara negli anziani. La progressiva paralisi muscolare è causa del peggioramento delle condizioni del paziente che perde progressivamente la capacità di muoversi, alimentarsi, parlare e deglutire.
Il dolore provocato da questa malattia è indescrivibile ed un modo per rendere la vita meno complicata sarebbe quello di assicurare ai pazienti alcuni strumenti che permettono gli spostamenti (i malati di SLA sono del tutto immobili), che permettono di comunicare (tramite dei sistemi di puntamento ottico, spesso la motilità di uno o ambedue gli occhi si mantiene dopo la perdita delle altre capacità muscolari) e l'assistenza domiciliare necessaria per ogni attività.
Non è semplice convivere con questa malattia, non è semplice descriverla, parlarne, aiutare chi ne soffre. Quando parlo di questo tipo di problemi, mi rendo conto che noi ci reputiamo una società civile ma non facciamo nemmeno il minimo indispensabile per aiutare questi nostri amici, parenti, conoscenti o semplici sconosciuti. Credo che ognuno di noi rinuncerebbe ad un pezzo del proprio pane pur di aiutare queste persone e credo non ci sia bisogno di appelli o proteste, chi organizza la sanità in Italia, chi decide dove destinare soldi e finanziamenti, chi perde tempo a discutere di sciocchezze dovrebbe fermarsi un attimo e pensare a loro, a chi ha la SLA ma anche a chi ha altre malattie neurodegenerative progressive, credo che sia priorità assoluta, di qualsiasi governo, di qualsiasi forma politica, di chiunque, aiutare prima loro, i nostri fratelli più deboli. Chi non ha forza per muoversi, chi non ha forza per pensare deve avere la nostra forza, ma non quella della pietà, quella della civiltà. L'aiuto pubblico, reale, utile.
Perché sono malattie che ti distruggono, ti annullano e con te annullano chi ti sta attorno. Proprio perché non potrò mai capire fino in fondo, perché non troverei le parole giuste, ho deciso di copiare un testo trovato su un social network. Non so neanche se si tratta di un testo originale*, reale, non so se la firma è vera ma so che quello che leggerete è ciò che pensano tanti malati di SLA. So che questo è quello che prova un nostro simile e non si può lasciare così. Non commento ulteriormente e mi rendo conto che il testo può essere a tratti duro, difficile, ma per una volta turbiamoci per cose che sono molto più vicine e reali degli stupidi problemi che ci propina la cronaca "scelta" di tutti i giorni, proviamo a capire, a comprendere cosa significhi essere vivo ma sentirsi finito. Non servono altre parole.

Eccole le parole di Thomas, italiano malato di SLA:
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“Mia moglie ogni tanto passa di qua.
Tra una faccenda e l’altra non dimentica mai di venire un momento, appena può, ad accarezzarmi il viso. Mi passa una mano su una guancia e mi sorride, mi chiede se ho bisogno di qualcosa. Mia moglie con un sorriso può avvicinare le stelle, dovreste vederla. E la sua mano, la sua mano è spesso umida, di passaggio tra un bucato o una pietanza; eppure mi bagna di calore. Mi adagia su questi giorni che mi passano intorno come un fiume, un fiume di cui io sono adesso nient’altro che un frammento di inutile ghiaia.
Un giorno…stavo lì a farmi un caffè; feci per chiudere la moka, feci per chiuderla…
Avvicinavo i due pezzi, giravo e rigiravo, non capivo, sembravano respingersi, come poli opposti su di un chiassoso stridio di lamiera…
Poi le mie mani mollarono, e venne giù tutto; e ancora non sapevo che anche io mi sarei sparso così, come quel mucchietto di polvere marrone disegnato sul pavimento. Oggi ho di fronte sempre lo stesso soffitto, e misuro, ogni secondo che passa, quanto sia infinitamente distante il mio essere umano da quella superficie bianca che da mesi ormai mi sovrasta, come un drappo vuoto, una bandiera senza colori che sventola di noia la mia malattia. Io sono fermo. Io sono muto. Sono un albero piantato nel mio letto, con le radici che scavano nel materasso, si aggrappano, rigirano attorno ai fili metallici della rete. Sono in attesa perenne, impotente, farfuglio aria da un tubo in trachea, eppure son vivo. La prima domanda che mi sono fatto è stata "perché proprio a me, che ho fatto di male?".
Ma era troppo banale. Questa è la domanda di tutti i malati.
Chiunque di fronte a un dolore si chiede perché, il senso o il motivo, chiunque, si tratti di cancro o di un’unghia incarnita. Il passo era molto più lungo, l’abisso molto più profondo. perché le altre malattie se ti uccidono, ti lasciano uomo. Questa no. Qui sei morto, sepolto, prima ancora di andare. Ecco, mia moglie mi parla, mi tocca, sorride, mi ama. E io qui è come se non ci fossi, è come se fossi detenuto di me stesso, prigioniero dentro il mio corpo, chiuso per sempre in un barattolo di carne umana. I miei occhi sono il vetro trasparente attraverso il quale guardo fuori…i miei occhi sono la mia voce gettata al di là delle sbarre, verso il mare, oltre gli scogli. Io amo in un battito di ciglia, come l’albero che canta di foglie al passare del vento. Il mio più lungo discorso è un agitarsi di palpebre nel vuoto, un alfabeto morse ridicolo, captato solo da chi mi ama. Io parlo così. Oppure con la voce sintetica di un computer.
Ma non è solo questo. A volte, di notte, mentre dormo, sogno di correre a lungo, senza motivo, senza una meta, come spesso fanno i bambini. Sogno di andare. Da sveglio, immaginatemi dentro. Mi penetra, mi percorre un’energia infinita e bestiale che ruota, risbatte, si tuffa e risale. E mai, mai, trova un’uscita. A tratti s’acquieta. Allora mi sorprendo a godere di un raggio di sole che mi raggiunge dalla finestra, o di una canzone che passa dai muri e rigira qui intorno. Poi tutto riprende e resto schiacciato da una mano invisibile che preme il mio corpo in un supino supplizio. Sclerosi Laterale Amiotrofica…che cazzo significa…cambiatele nome, datele un senso!
Un cadavere vivo piantato nel mondo, ecco cosa sono; una statua vivente che spera nel tempo o in un gesto pietoso. Mia moglie ogni tanto passa di qua. Ho imparato da poco a dirle ti amo con gli occhi”.

Thomas Pistoia, SLA

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Alla prossima.

Nota: *da quanto risulta da una ricerca sul web, l'autore del testo (a questo punto di fantasia) non sembrerebbe affetto da SLA, come si vede in questo video.

7 commenti:

  1. Buongiorno Salvo, pur condividendo pienamente il senso e il contenuto del post (non serve avere una malattia degenerativa per notare con quanta poca cura trattiamo le persone meno fortunate dal punto di vista della salute, è sufficiente essere costretti su una sedia a rotelle per una disabilità) sono meno sicuro che il testo riportato sia congruente.
    Da una breve ricerca si trova questo http://www.viaoberdan.it/sla e questo http://www.ilgruppo.net/intervista-a-thomas-pistoia/
    Sembra quindi che la persona in questione sia effettivamente l'autore del testo.
    Ma si trova anche questo https://www.youtube.com/watch?v=y9a04_C7EMw
    Dal viedo non posso sapere se il signore soffre o meno della malattia in questione ma certamente non si trova nella condizione descritta nel testo.
    Credo che sia importante distinguere tra letteratura e testimonianza.

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  2. Grazie Guido, avevo specificato di non conoscere la natura del testo e nemmeno se fosse reale, mi aveva colpito molto e per questo l'ho condiviso, comunque la tua segnalazione è utile, così lo specifico.

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  3. Ah, aggiungo che sono venuto a conoscenza del testo tramite un conoscente affetto proprio da questa malattia, per dire come evidentemente anche lui lo ritenga credibile.

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  4. Un contributo da un malato vero*. Ex malato, ormai: è morto.
    http://www.vigilfuoco.net/pensieri/

    *Senza voler svalutare il testo dell'articolo; sarà anche una creazione di fantasia, ma se alcuni malati ci si riconoscono, ha un suo valore.
    Testimonianze dirette però, a mio parere, sono un filino meglio :-)

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  5. Meglio usare testimonianze vere anche perché c'è gente, e molta, che considera anche le testimonianze vere come "bugie" dette per secondi fini non meglio precisati.

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  6. Vorrei sapere se per tale malattia, come ho sentito dire, giova l'utilizzo di prodotti a base di Marjuana.

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  7. Vorrei sapere se per tale malattia, come ho sentito dire, giova l'utilizzo di prodotti a base di Marjuana.

    Fondamentalmente no. Putroppo la malattia ha spesso decorso molto rapido e l'uso dei derivati della cannabis non ha effetti molto utili. In certi casi (quando per esempio è presente dolore) si può invece tentare il suo uso.

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