Una delle frontiere della ricerca medica più prestigiose ed incredibili è stata la possibilità di poter effettuare un trapianto d'organo: trasferire un organo dal corpo di un individuo ad un altro fino a pochi decenni fa era semplice fantascienza.
Questa possibilità è stata raggiunta con incredibili difficoltà di varia natura e la storia che ha permesso di rendere reale il sogno di tanti scienziati è ricca di fascino ed anche di particolari curiosi e misteriosi. Trapiantare un organo in chi ne ha bisogno rappresenta spesso l'unica speranza di vita per certi tipi di malattia: un fegato, un rene o un cuore che non funzionano più, potrebbero portare alla morte del corpo che li ospita e questo può accadere in brevissimo tempo, sostituire quindi l'organo ormai non funzionante con uno sano, è più di una speranza, è vita, il bene più prezioso che abbiamo.
Se chi dona un organo è visto come un eroe e simbolo di altruismo e solidarietà, raramente è analizzata la figura di chi quell'organo lo riceve, il suo stato d'animo, le sue speranze, felicità, paure e spesso sensi di colpa.
Sì, in chi beneficia di un organo donato è frequente una sorta di "senso di colpa" per aver ottenuto la vita grazie ad una morte. La gioia di poter vivere ancora la propria vita si mescola spesso a sentimenti delicati, difficili da descrivere e duri da raccontare. Probabilmente è comprensibile, ma non possiamo mai capire profondamente ciò che prova chi vive questa esperienza e per questo, da ogni punto si guardi questo tipo di avvenimento, si tratta sempre di eventi che toccano profondamente l'essere umano e che condizionano l'individuo molto intimamente.
Per questo reputo assolutamente vergognose e distruttive certe campagne che ogni tanto fanno capolino nei giornali o in pagine web. In particolare, nel nostro paese, esiste un'associazione che già dal nome mostra insensibilità assoluta e che, come spesso accade, utilizza metodi e termini a sproposito mostrando come unico interesse quello di far prevalere le proprie ragioni ideologiche scavalcando quelle degli altri con argomenti populistici, emotivi e molte volte costruiti ad arte.
Per questo reputo assolutamente vergognose e distruttive certe campagne che ogni tanto fanno capolino nei giornali o in pagine web. In particolare, nel nostro paese, esiste un'associazione che già dal nome mostra insensibilità assoluta e che, come spesso accade, utilizza metodi e termini a sproposito mostrando come unico interesse quello di far prevalere le proprie ragioni ideologiche scavalcando quelle degli altri con argomenti populistici, emotivi e molte volte costruiti ad arte.
Quello che scrivo non sarà quindi una risposta a chi strumentalizza le tragedie delle persone ma l'ennesima spiegazione sui fatti, leggi e dati che ognuno di noi ha il dovere di conoscere, in modo da poter decidere con consapevolezza, coscienza e cultura, perché come ripeto sempre, solo la conoscenza è vera libertà.
L'argomento è molto complesso e delicato e sono costretto a dividerlo in due parti. In questa prima parte racconterò come si è arrivati alla realtà dei trapianti, nella prossima parlerò delle leggi che regolano questi procedimenti e dei miti più comuni che li accompagnano. Cercherò come al solito di spiegarmi in maniera semplice ed eviterò per quanto possibile di utilizzare termini, immagini o fatti che possono impressionare chi legge.
Il trapianto d'organo, la storia.
La storia dei trapianti d'organo è molto complessa. Si trattò del sogno di centinaia di scienziati, l'idea "proibita" di medici, fisiologi ed anatomisti: trapiantare un organo da un individuo all'altro sembrava una possibilità semplice e concreta (in fondo bastava "inserire" un organo al posto giusto) che però si scontrava con innumerevoli ostacoli che negli anni della medicina pionieristica erano insormontabili. La rincorsa al trapianto di organo negli essere umani ebbe inizio agli esordi della medicina moderna, attorno al 1900.
Cercando di andare schematicamente, forse l'ostacolo più grande era rappresentato dal cosiddetto "rigetto".
Il fenomeno del rigetto, è in parole povere la risposta normale dell'organismo che riceve il trapianto all'arrivo del "nuovo" organo. Si tratta di cellule estranee, di un tessuto "alieno" che non è riconosciuto dall'organismo del ricevente che quindi attua una serie di meccanismi che lo proteggono da quella "invasione". Questi meccanismi sono molto potenti e possono causare tutta una serie di fenomeni (fino alla "morte" dell'organo trapiantato) sia immediatamente dopo l'intervento (anche pochi secondi dopo) che successivamente, anche a mesi di distanza. Questo fenomeno si può prevenire o ridurre in diversi modi. Il primo è quello di trovare due individui (il donatore ed il ricevente) "compatibili". Avendo in comune alcune caratteristiche (legate soprattutto al sistema immunitario), il rischio di rigetto è molto più ridotto rispetto al trapianto tra individui non compatibili. Un altro modo per ridurre il rischio di rigetto è quello di ricorrere a farmaci di tipo "immunosoppressore", ovvero che diminuiscono l'azione degli anticorpi nei confronti del "nuovo organo".
Superato il rischio di rigetto vi è quello tecnico, ovvero la corretta esecuzione del trapianto, a volte molto complicata. Basti pensare che bisogna necessariamente assicurare all'organo trapiantato sia l'afflusso di sangue che di impulsi del sistema nervoso e per ottenere questo è importante "collegare" il nuovo organo a tutti i vasi sanguigni che gli assicurano l'ossigenazione, pena la sua distruzione. Il tipo di intervento quindi è delicatissimo, molto difficoltoso e richiede una precisione maniacale. Fondamentali a questo punto sono le condizioni dell'organo trapiantato, più ha subìto danni nel suo "percorso" tra donatore e ricevente, meno saranno le possibilità di "attecchimento" e di funzionamento.
Come si può capire quindi si tratta di uno dei procedimenti chirurgici più delicati e difficili esistenti in medicina.
Come si arrivò a trapiantare un organo
La storia dei trapianti d'organo è quasi un romanzo.
Se già ad inizio 1900 (ma sicuramente il "sogno" esisteva da tempo) i medici progettavano di poter sostituire gli organi ammalati, l'idea diventò fonte di studi solo dopo qualche anno. La possibilità di trapiantare organi restò una chimera per secoli e la maggioranza dei tentativi effettuati prima del 1900 fallivano già nella fase chirurgica (tecnicamente nell'atto materiale di impiantare un organo di un donatore), era così "prodigiosa" questa possibilità da essere considerata un "miracolo", si pensi alla leggenda dei santi Cosma e Damiano che compirono il "miracolo" di trapiantare una gamba su un uomo. L'aspetto tecnico diventò presto secondario (nel 1902 i primi trapianti sugli animali riuscivano tecnicamente ma fallivano successivamente per rigetto). Trapianti documentati prima del 1900 ne esistono pochissimi e tutti dubbi perché mischiano storia e leggenda, si parla ad esempio di alcuni trapianti ossei e dentali o di innesti cutanei eseguiti sull'uomo a partire da tessuti animali (da Giuseppe Baronio nel 1801), nel 1850 si effettuarono trapianti cutanei ben documentati in alcuni ospedali inglesi mentre tantissimi erano gli insuccessi e le complicazioni infettive e letali. Nonostante i primi successi comunque il trapianto di organo era ancora in una fase pioneristica e del tutto incontrollata. Fu Alexis Carrel (che per questo vinse il premio Nobel per la medicina nel 1912) che inventò una tecnica per collegare tra loro i vasi sanguigni tra organo trapiantato e corpo umano e questo, assieme all'avvento della moderna anestesia e della riduzione delle infezioni postoperatorie trasformò la possibilità di trapianto da improbabile fantasia a realtà efficace. Nel 1933, dall'ucraino Voronoy, fu eseguito il primo trapianto di rene su essere umano: tecnicamente riuscito, la paziente sopravvisse però solo 4 giorni soccombendo sempre per il fenomeno del rigetto che continuava a restare sconosciuto alla medicina dell'epoca anche se cominciava a farsi strada il sospetto che tutto risiedesse nei meccanismi immunologici. Gli esperimenti continuavano ad alternare successi ad insuccessi, fu solo nel 1946 che Demikhov riuscì nel primo trapianto cardiopolmonare in un cane, riuscito e che gettava le basi per i tentativi nell'uomo, la tecnica del chirurgo russo, migliorata in seguito, fu quella che permise il primo trapianto cardiaco sull'uomo, molti anni più tardi.
Nel 1954 fu effettuato un trapianto (a Boston) tra due gemelli: perfettamente riuscito, l'"identità" genetica dei due individui diede ancora più impulso alla teoria immunologica quale causa del rigetto e nel 1962 fu ottenuto il successo in un trapianto tra due individui differenti geneticamente applicando diversi metodi di "soppressione immunitaria" (come le radiazioni ed alcuni farmaci).
Così si arrivò al miglioramento delle conoscenze dei meccanismi di immunologia ed ematologia e negli anni si assistette ad un graduale aumento degli esperimenti sugli animali, ma solo dopo il 1960 si annunciarono i primi successi reali: fu un passo spettacolare, ricordato come fantastico progresso dell'ingegno e della medicina, i medici che trapiantavano diventarono presto dei veri e propri "miti" che causarono addirittura l'aumento delle iscrizioni nelle facoltà mediche, solo la fantascienza aveva osato quello che invece stava avvenendo realmente in alcune sale operatorie. Ma se la possibilità tecnica di eseguire un trapianto sembrava ormai risolvibile, erano ancora lontani i rimedi per evitare sensibilmente il rigetto e le complicazioni, così i primi individui trapiantati sopravvivevano pochi mesi quando non pochi giorni, anche questi comunque erano considerati un successo, vista la difficoltà dell'impresa. Nel 1963 dopo numerosi tentativi infruttuosi, un chirurgo statunitense ottenne una sopravvivenza di 22 giorni in un paziente sottoposto a trapianto di fegato, mentre per il trapianto cardiaco la strada era ancora ricca di ostacoli: se riuscirono tecnicamente alcuni trapianti, non si riusciva a rendere "funzionante" un cuore trapiantato, fino ad allora servivano dei macchinari esterni e voluminosi che permettevano al cuore di fare il suo lavoro e nonostante tutto i pazienti morivano lo stesso dopo pochi giorni.
Nel 1965 esistevano 672 trapiantati di rene in tutto il mondo, era una corsa contro il tempo che anche i media seguivano con interesse, erano gli anni delle grandi scoperte scientifiche, dei primi collegamenti tra comunità distanti tra loro e dei mezzi di comunicazione che diffondevano le scoperte scientifiche più entusiasmanti e fu in questo contesto che nel 1967 Christian Barnard eseguì (non senza polemiche, chi fosse interessato legga la storia del primo trapianto di Barnard, è avvincente ed a tratti misteriosa) il primo trapianto cardiaco al mondo con successo. Il 3 dicembre 1967 è realizzato il primo trapianto di cuore da uomo a uomo, ne beneficia Louis Washkansky, diabetico e cardiopatico, che riceve il cuore della 22enne Denise Darvall, deceduta in un incidente stradale. Il paziente trapiantato vive 18 giorni ma per la prima volta si parla di un uomo sopravvissuto ad un trapianto cardiaco da uomo ad uomo e con cuore del tutto "integrato" nel suo organismo (e non stimolato da macchinari esterni). Questo episodio è considerato una delle colonne della medicina moderna.
Il chirurgo, grazie anche ai mass media, divenne in breve il simbolo della medicina e delle sue capacità, nel mondo il suo nome era sinonimo di vittoria sulla malattia ed in ogni nazione nascevano decine di "piccoli Barnard", alcuni più interessati alla fama che al progresso medico (successe anche in Italia...), eroi spesso creati dalla TV o dai giornali. In seguito Barnard sfruttò il suo personaggio in maniera discutibile diventando in breve un argomento dei giornali da gossip (nel 1991 la sua visita in Italia in occasione di un congresso di cardiologia fu l'argomento del giorno in tutti i giornali), trattati da dei ed inseguiti per le vie delle capitali europee. Nel mondo il fermento era palpabile, tutti volevano sapere, conoscere e realizzare correttamente un trapianto cardiaco, se infatti le tecniche chirurgiche avevano permesso ormai altri tipi di trapianto, quello cardiaco rappresentava "il" trapianto per eccellenza, culturalmente, infatti, trapiantare il cuore aveva un significato anche simbolico e particolare. In realtà i primi successi erano ancora molto distanti da ciò che si può definire davvero una conquista medica ma i mass media e la voglia di "scoop" cavalcarono gli entusiasmi della gente. I pochi giorni di sopravvivenza da trapianto cardiaco furono superati alcuni anni dopo, non solo con l'affinamento delle tecniche ma anche con la scoperta di nuovi farmaci immunosoppressori.
Da quel momento in poi la possibilità di trapianto di organo quindi non era più fantasia ma possibilità reale ed i successi erano sempre più frequenti. Anche la sopravvivenza dei pazienti, inizialmente bassissima e ricca di complicanze, con il tempo diventò un fatto secondario perché ormai accettabile: si passò dai pochi giorni dell'epoca pionieristica agli anni ed infine ai decenni di oggi. Nonostante resti un tipo di chirurgia raffinata, complicata e faticosa, la trapiantologia è una realtà ormai diffusa nel mondo e del tutto affidabile, si pensi anche al fatto che negli anni '80 erano pochissimi i medici capaci di eseguire un trapianto ed i pazienti erano costretti a spostamenti lunghi, faticosi e costosi (a questo servivano le numerose "collette" che reclamizzavano i giornali del nostro paese), fino a quando qualche medico italiano non portò anche da noi questa possibilità che così si diffuse dovunque. Pensate un po': in Italia il primo trapianto di cuore avvenne il 14 novembre 1985 ad opera di Vincenzo Gallucci, cardiochirugo ferrarese, in un intervento di 7 ore su un uomo che sopravvisse per ulteriori 7 anni.
Questo portò alla necessità di regole e leggi che spesso toccano anche l'etica e la sensibilità personale e l'argomento è talmente delicato e complesso che merita una trattazione a parte. Di questo parlerò la prossima volta.
La storia dei trapianti comunque è un capitolo affascinante del progresso umano, per molte persone non vi è altra possibilità di vita se non quella di ricevere un organo in dono e nello stesso tempo l'atto del donare è una delle azioni più altruiste e delicate che possa compiere un individuo, per questo, comunque si legga questa storia, è sicuramente indice che noi uomini siamo capaci di grandi cattiverie ma anche di gesti enormemente amorevoli. Tutti dobbiamo un grazie a Denise (la prima donatrice), a Louis (il primo ricevente), a Christian (il primo chirurgo), noi italiani al prof. Gallucci, morto nel 1991 in un incidente ritornando dal lavoro ed a tutti quelli che li hanno preceduti nella lunga corsa alla ricerca di un sogno. Ancora oggi ci sono tante persone che sognano un dono ed anche per loro bisogna continuare a lavorare per riuscire a realizzarlo.
Alla prossima.
Nel 1954 fu effettuato un trapianto (a Boston) tra due gemelli: perfettamente riuscito, l'"identità" genetica dei due individui diede ancora più impulso alla teoria immunologica quale causa del rigetto e nel 1962 fu ottenuto il successo in un trapianto tra due individui differenti geneticamente applicando diversi metodi di "soppressione immunitaria" (come le radiazioni ed alcuni farmaci).
Così si arrivò al miglioramento delle conoscenze dei meccanismi di immunologia ed ematologia e negli anni si assistette ad un graduale aumento degli esperimenti sugli animali, ma solo dopo il 1960 si annunciarono i primi successi reali: fu un passo spettacolare, ricordato come fantastico progresso dell'ingegno e della medicina, i medici che trapiantavano diventarono presto dei veri e propri "miti" che causarono addirittura l'aumento delle iscrizioni nelle facoltà mediche, solo la fantascienza aveva osato quello che invece stava avvenendo realmente in alcune sale operatorie. Ma se la possibilità tecnica di eseguire un trapianto sembrava ormai risolvibile, erano ancora lontani i rimedi per evitare sensibilmente il rigetto e le complicazioni, così i primi individui trapiantati sopravvivevano pochi mesi quando non pochi giorni, anche questi comunque erano considerati un successo, vista la difficoltà dell'impresa. Nel 1963 dopo numerosi tentativi infruttuosi, un chirurgo statunitense ottenne una sopravvivenza di 22 giorni in un paziente sottoposto a trapianto di fegato, mentre per il trapianto cardiaco la strada era ancora ricca di ostacoli: se riuscirono tecnicamente alcuni trapianti, non si riusciva a rendere "funzionante" un cuore trapiantato, fino ad allora servivano dei macchinari esterni e voluminosi che permettevano al cuore di fare il suo lavoro e nonostante tutto i pazienti morivano lo stesso dopo pochi giorni.
Nel 1965 esistevano 672 trapiantati di rene in tutto il mondo, era una corsa contro il tempo che anche i media seguivano con interesse, erano gli anni delle grandi scoperte scientifiche, dei primi collegamenti tra comunità distanti tra loro e dei mezzi di comunicazione che diffondevano le scoperte scientifiche più entusiasmanti e fu in questo contesto che nel 1967 Christian Barnard eseguì (non senza polemiche, chi fosse interessato legga la storia del primo trapianto di Barnard, è avvincente ed a tratti misteriosa) il primo trapianto cardiaco al mondo con successo. Il 3 dicembre 1967 è realizzato il primo trapianto di cuore da uomo a uomo, ne beneficia Louis Washkansky, diabetico e cardiopatico, che riceve il cuore della 22enne Denise Darvall, deceduta in un incidente stradale. Il paziente trapiantato vive 18 giorni ma per la prima volta si parla di un uomo sopravvissuto ad un trapianto cardiaco da uomo ad uomo e con cuore del tutto "integrato" nel suo organismo (e non stimolato da macchinari esterni). Questo episodio è considerato una delle colonne della medicina moderna.
Louis Washkansky, primo trapiantato di cuore vivente, al mondo |
Christian Barnard, sudafricano, autore del primo trapianto cardiaco riuscito |
Denise Darvall, la donatrice del primo cuore trapiantato con successo |
Il chirurgo, grazie anche ai mass media, divenne in breve il simbolo della medicina e delle sue capacità, nel mondo il suo nome era sinonimo di vittoria sulla malattia ed in ogni nazione nascevano decine di "piccoli Barnard", alcuni più interessati alla fama che al progresso medico (successe anche in Italia...), eroi spesso creati dalla TV o dai giornali. In seguito Barnard sfruttò il suo personaggio in maniera discutibile diventando in breve un argomento dei giornali da gossip (nel 1991 la sua visita in Italia in occasione di un congresso di cardiologia fu l'argomento del giorno in tutti i giornali), trattati da dei ed inseguiti per le vie delle capitali europee. Nel mondo il fermento era palpabile, tutti volevano sapere, conoscere e realizzare correttamente un trapianto cardiaco, se infatti le tecniche chirurgiche avevano permesso ormai altri tipi di trapianto, quello cardiaco rappresentava "il" trapianto per eccellenza, culturalmente, infatti, trapiantare il cuore aveva un significato anche simbolico e particolare. In realtà i primi successi erano ancora molto distanti da ciò che si può definire davvero una conquista medica ma i mass media e la voglia di "scoop" cavalcarono gli entusiasmi della gente. I pochi giorni di sopravvivenza da trapianto cardiaco furono superati alcuni anni dopo, non solo con l'affinamento delle tecniche ma anche con la scoperta di nuovi farmaci immunosoppressori.
Da quel momento in poi la possibilità di trapianto di organo quindi non era più fantasia ma possibilità reale ed i successi erano sempre più frequenti. Anche la sopravvivenza dei pazienti, inizialmente bassissima e ricca di complicanze, con il tempo diventò un fatto secondario perché ormai accettabile: si passò dai pochi giorni dell'epoca pionieristica agli anni ed infine ai decenni di oggi. Nonostante resti un tipo di chirurgia raffinata, complicata e faticosa, la trapiantologia è una realtà ormai diffusa nel mondo e del tutto affidabile, si pensi anche al fatto che negli anni '80 erano pochissimi i medici capaci di eseguire un trapianto ed i pazienti erano costretti a spostamenti lunghi, faticosi e costosi (a questo servivano le numerose "collette" che reclamizzavano i giornali del nostro paese), fino a quando qualche medico italiano non portò anche da noi questa possibilità che così si diffuse dovunque. Pensate un po': in Italia il primo trapianto di cuore avvenne il 14 novembre 1985 ad opera di Vincenzo Gallucci, cardiochirugo ferrarese, in un intervento di 7 ore su un uomo che sopravvisse per ulteriori 7 anni.
Questo portò alla necessità di regole e leggi che spesso toccano anche l'etica e la sensibilità personale e l'argomento è talmente delicato e complesso che merita una trattazione a parte. Di questo parlerò la prossima volta.
La storia dei trapianti comunque è un capitolo affascinante del progresso umano, per molte persone non vi è altra possibilità di vita se non quella di ricevere un organo in dono e nello stesso tempo l'atto del donare è una delle azioni più altruiste e delicate che possa compiere un individuo, per questo, comunque si legga questa storia, è sicuramente indice che noi uomini siamo capaci di grandi cattiverie ma anche di gesti enormemente amorevoli. Tutti dobbiamo un grazie a Denise (la prima donatrice), a Louis (il primo ricevente), a Christian (il primo chirurgo), noi italiani al prof. Gallucci, morto nel 1991 in un incidente ritornando dal lavoro ed a tutti quelli che li hanno preceduti nella lunga corsa alla ricerca di un sogno. Ancora oggi ci sono tante persone che sognano un dono ed anche per loro bisogna continuare a lavorare per riuscire a realizzarlo.
Alla prossima.