Un ciarlatano è un individuo che si approfitta della debolezza (da tutti i punti di vista, anche l'ignoranza è una debolezza) del prossimo per imbrogliarlo, facendogli credere che un suo prodotto, una sua idea, qualcosa in suo possesso, possa giovargli, quasi sempre per problemi di salute. Si tratta di una delle figure più patetiche e vergognose nel panorama umano. Il ciarlatano, ne ho parlato, è in genere una persona fallita, personalmente o professionalmente ed ha come scopo finale il guadagno di denaro, a qualsiasi costo. Smascherare un ciarlatano non è difficilissimo (almeno per un medico), basta avere voglia, tempo ed intuito.
Molto più difficile smascherare chi si traveste da persona seria ma poi si comporta esattamente come un ciarlatano. Il termine quindi, se spesso identifica una persona di basso valore umano e professionale, può applicarsi anche a chi, ufficialmente attendibile ed onesto, compie atti talmente disumani e scorretti da trasformare la sua attendibilità in disonestà. Per questo motivo identificare un ciarlatano "evidente" è molto più facile di smascherarne uno "nascosto". Un medico serio che tradisce i fondamenti della professione e dell'etica è un ciarlatano. Un operatore della salute che mette davanti ai diritti dei malati quelli personali è un ciarlatano.
Molto più difficile smascherare chi si traveste da persona seria ma poi si comporta esattamente come un ciarlatano. Il termine quindi, se spesso identifica una persona di basso valore umano e professionale, può applicarsi anche a chi, ufficialmente attendibile ed onesto, compie atti talmente disumani e scorretti da trasformare la sua attendibilità in disonestà. Per questo motivo identificare un ciarlatano "evidente" è molto più facile di smascherarne uno "nascosto". Un medico serio che tradisce i fondamenti della professione e dell'etica è un ciarlatano. Un operatore della salute che mette davanti ai diritti dei malati quelli personali è un ciarlatano.
E' successo, non poche volte e qui racconterò una vicenda che rischia di trasformare un operatore della salute presumibilmente serio in un ciarlatano della peggiore specie.
Le aziende farmaceutiche fanno un lavoro eccezionale. Senza di esse non avremmo farmaci o strumenti chirurgici, non riusciremmo a procurarci le medicine senza sforzo particolare. Il nostro benessere lo dobbiamo in larga parte alla loro produzione.
In cambio le aziende guadagnano una marea di denaro: poco male, è uno scambio inevitabile, per me possono pure arricchirsi, basta che si comportino con onestà, correttezza e trasparenza.
In cambio le aziende guadagnano una marea di denaro: poco male, è uno scambio inevitabile, per me possono pure arricchirsi, basta che si comportino con onestà, correttezza e trasparenza.
Tra aziende, medici e cittadini (i tre personaggi che si susseguono nella "catena della vendita di farmaci") deve esserci un rapporto di fiducia, è fondamentale e scontato.
L'azienda crea un farmaco e con correttezza lo mette in commercio perchè serve a qualcosa, a curare una malattia, non importa se grave o meno, lo scopo è nella stessa definizione di "farmaco".
L'azienda crea un farmaco e con correttezza lo mette in commercio perchè serve a qualcosa, a curare una malattia, non importa se grave o meno, lo scopo è nella stessa definizione di "farmaco".
Il medico prescrive quel farmaco perché l'azienda gli ha detto che si tratta di un prodotto sicuro ed efficace e se qualche insicurezza esiste bisogna renderla nota. Così il medico potrà prescrivere quella sostanza in scienza e coscienza, nell'interesse del malato. I successivi guadagni, stratosferici o meno, sono un altro capitolo che a me interessa meno, come ho detto, se un'azienda produce un farmaco salvavita o efficace ha pieno diritto di guadagnarci, anche tanto.
Trasparenza ed onestà quindi: finché esiste sono disposto a perdonare persino l'errore in buonafede (nonostante questo possa costare vite umane e sofferenza, ma che è sempre uno dei limiti umani).
Purtroppo in questi giorni si sta assistendo a qualcosa che fa crollare la fiducia che un medico (e di conseguenza i pazienti) deve riporre in un'azienda farmaceutica.
E' la storia del Tamiflu, vicenda che da noi stenta a diventare pubblica ma che sta squassando il mondo delle aziende farmaceutiche, della ricerca e della medicina. La molecola attiva del Tamiflu si chiama oseltamivir, è un antivirale prodotto e commercializzato per combattere l'influenza e diminuirne le complicazioni. Venduto in farmacia è stato acquistato da diversi governi per far fronte ad un'eventuale pandemia influenzale. Visto che l'influenza è una malattia inguaribile (quasi sempre benigna ed a guarigione spontanea), se non dovesse bastare il vaccino per prevenirla, potrebbe essere necessario ricorrere a farmaci ulteriori. Il Tamiflu è nato per questo. L'azienda produttrice, la svizzera Roche, ha ricavato grossissime cifre dalla vendita del farmaco, soprattutto dalle scorte che i governi si sono assicurati.
Ma qualcosa in questa vicenda non quadra.
Ma qualcosa in questa vicenda non quadra.
Visto che da noi è arrivato solo un flebile eco, vediamo se riesco a farla conoscere come si deve.
Prima di raccontarla la introduco con una curiosità, quella che riguarda uno dei tormentoni dei ciarlatani e dei "naturale a tutti i costi". Questo con la storia c'entra poco con l'argomento centrale ma ne approfitto parlandone al volo.
Quante volte si sente dire "quel rimedio non sarà mai prodotto dalle case farmaceutiche perché deriva dalle piante e non si può brevettare!", oppure "ricavare quel prodotto dalle piante costa poco e nessuna azienda si sognerebbe di venderlo, non ci guadagnerebbe nulla!".Ma come detto non è questo il problema riguardante il farmaco.
Sono affermazioni ambedue false. La prima: non è vero che un prodotto che deriva "dalla natura" non si possa brevettare. Naturalmente non è possibile brevettare una pianta o un fiore ma un suo derivato per uso medico (o di altro tipo) sì. Esempi noti: l'acido acetilsalicilico (la comune Aspirina) ed il Taxolo (un chemioterapico derivato dal Tasso, un arbusto che cresce spontaneamente). La seconda: il processo di purificazione, sintesi e produzione intensiva di un derivato "naturale" (termine improprio, qualsiasi sostanza è "naturale", anche il petrolio...) può essere costoso e complicato. Il caso del Tamiflu è un esempio lampante. La sostanza principale che compone il farmaco (l'acido shikimico) deriva dall'anice stellato. Il processo di purificazione è complicato e difficile. Il Tamiflu è coperto da brevetto e costa tantissimo, questo nonostante sia un farmaco del tutto "naturale" e derivato da una pianta. Chiudiamo quindi una volta per tutte questo inutile argomento.
Come per qualsiasi sostanza farmacologica posta in vendita, anche il Tamiflu, prima della commercializzazione, è stato sperimentato ed i risultati dei test (in particolare lo studio del prof. Laurent Kaiser, svizzero) dicevano che fosse efficace per migliorare i sintomi dell'influenza, modificarne il decorso e diminuire il rischio di complicazioni.
Esperimenti riusciti, vendita autorizzata, milioni di confezioni vendute in farmacia ed ai governi di mezzo mondo. Tutto lineare e standardizzato, quando si parla di medicine.
Le affermazioni della Roche sul suo farmaco erano piuttosto precise e dettagliate, come spiegato dal BMJ (British Medical Journal, una delle riviste mediche più prestigiose al mondo) che nel frattempo aveva iniziato a seguire la vicenda perché direttamente coinvolto nella pubblicazione delle ricerche sulla molecola:
Oseltamivir (brand name Tamiflu) is a multi-billion dollar drug that Roche claimed reduced hospital admissions by 61% (Tamiflu media briefing, 7 Sept 2009); secondary complications (including bronchitis, pneumonia, and sinusitis) by 67% in otherwise healthy individuals; and lower respiratory tract infections requiring antibiotics by 55% (Tamiflu media briefing, 7 Sept 2009). These statements, Roche said, were based on the conclusions of the Kaiser paper.Anche la maggioranza dei governi che decisero di fare scorta del farmaco si basarono sullo studio di Laurent Kaiser per il quale però sorgeva un "piccolo" problema, anche se in realtà già nel 2000 la FDA inviò alla Roche un avvertimento per pubblicità ingannevole sul farmaco.
(trad.) L'oseltamivir (nome commerciale Tamifli) è un farmaco che fa ricavare miliardi di dollari e che la Roche definisce capace di ridurre i ricoveri del 61% (Tamiflu media briefing, 7 settembre 2009), le complicazioni secondarie (incluse bronchiti, polmoniti e sinusiti) del 67% in soggetti sani ed infezioni delle basse vie respiratorie che richiedono antibiotici del 55% (Tamiflu media briefing, 7 settembre 2009). Queste affermazione, dice Roche, sono basate sulle conclusioni del lavoro di Kaiser
Visto che la vicenda è intricata e complessa provo a schematizzarla, non è possibile raccontare tutti i particolari (vi è una corrispondenza fittissima, tantissimi documenti ed un numero impressionante di dati, servirebbero pagine su pagine e diventerebbe tutto molto complicato) e quindi tratterò solo quelli essenziali per comprenderla meglio.
Un pediatra giapponese, Keiji Hayashi, cominciò a dubitare dei risultati di quegli studi che sembravano confermare l'efficacia del farmaco (lo studio di Kaiser e le revisioni che ne seguirono). Andando a scavare più in fondo, gli stessi autori di alcuni di questi studi si chiesero se non fosse il caso di ricontrollare i dati, le statistiche, i numeri alla fonte, questo perché ciò su cui si basavano queste "conferme di efficacia" era troppo poco (studi presentati solo a congressi, non pubblicati, report di riunioni aziendali, eccetera).
Fu così la Cochrane (organizzazione scientifica specializzata nella revisione degli studi scientifici su un certo argomento) che chiese all'azienda produttrice di fornire tutti i dati a sua disposizione per ricontrollarli e revisionarli, ma arrivò un no.
Non secco, inizialmente un "tira e molla", un continuo rimandare la consegna di quei dati, poi una nuova promessa ed un altro rinvio uniti a misteriosi smarrimenti di report (il prof. Kaiser, autore del primo studio che misurava l'efficacia del farmaco parlò di smarrimento dei dati invitando a contattare direttamente la Roche), insomma, dopo anni (e fino ad oggi), la Roche non ha consegnato tutti i dati (che sosteneva di possedere) relativi al suo prodotto.
Ci fu un altro episodio "strano".
Tom Jefferson, italiano, componente proprio di quella Cochrane che doveva ricontrollare i dati, fu invitato dalla Roche a firmare un documento in cambio del rilascio delle pubblicazioni.
Il problema fu che Jefferson doveva sottoscrivere di non rivelare l'esistenza di quell'accordo e di non utilizzare i dati che avrebbe visto per altre ricerche ma Jefferson rifiutò e questo provocò un ulteriore "irrigidimento" dell'azienda, lo studioso italiano ha pubblicato tutta la corrispondenza con Roche. La storia cominciò a diffondersi, furono anche alcuni cronisti inglesi (Tom Clarke della rete Channel4) che provarono a trovare un punto di contatto tra l'azienda e gli studiosi ma niente, non ci fu verso di rendere disponibili quei dati (l'azienda rispose anche che i dati li aveva forniti a sufficienza, sia alla FDA che all'EMA, le agenzie sui farmaci statunitense ed europea). Nel 2009 l'azienda invia una risposta "punto per punto" al BMJ nella quale confutava, a suo dire, ogni dubbio ma continuando di fatto a nascondere i dati richiesti.
Si riuscì comunque a consultare alcuni dei dati che avrebbero dovuto fornire prove sull'efficacia del Tamiflu ma queste prove non erano così evidenti, anzi, di fronte ad un beneficio molto limitato (circa 1 giorno in meno di malattia rispetto al placebo) vi erano forti sospetti di effetti collaterali (assieme ad alcune segnalazioni poco attendibili ne esistevano altre particolarmente preoccupanti), in particolare l'allarme dei medici si basava su gravi effetti di tipo neuropsichiatrico che inizialmente erano stati imputati alle conseguenze dell'influenza ma che con i sintomi dell'influenza non hanno nulla a che vedere. Il punto principale comunque era proprio l'efficacia del farmaco.
Arriviamo ai giorni nostri.
Un divulgatore scientifico molto noto in Gran Bretagna (per me un vero mito), Ben Goldacre, dopo aver smascherato ciarlatani, alternativi, omeopati ed imbonitori, pubblica un libro sui "trucchi" delle aziende farmaceutiche e racconta la storia del Tamiflu.
Questo fa conoscere la storia al pubblico e nel frattempo il BMJ assieme ad altri scienziati, divulgatori e medici, iniziano una battaglia per l'accesso libero e pubblico dei dati riguardanti un farmaco. Alla campagna si unisce la Cochrane e persino alcune aziende farmaceutiche si dicono disponibili a sottoscrivere l'impegno, anche l'EMA (Agenzia europea del farmaco) si è occupata della storia creando un gruppo di lavoro apposito e dicendosi convinta che l'accesso libero ai dati delle sperimentazioni sia un passo ormai inevitabile. Il BMJ ha chiesto chiarimenti anche all'OMS che ha ribadito di essersi occupato della vicenda commissionando degli studi sull'efficacia del farmaco che presto saranno pubblicati. Come si vede non si tratta di una storia "nascosta" o "secondaria", qui entrano in gioco le maggiori autorità mediche del mondo e tutte convergono su un'unica conclusione: i dati degli esperimenti sui farmaci devono essere pubblici e quelli sul Tamiflu, venduto come farmaco utile e costato milioni a diversi governi devono essere forniti o l'azienda produttrice si dimostrerebbe scorretta, anche se già l'atteggiamento mantenuto finora non può che definirsi sospetto.
La storia in Italia è poco nota, da noi è arrivata solo per l'attività di Tom Jefferson, ma ora è giunto il momento di renderla pubblica. Visto l'argomento sarebbe giusto sentire anche l'altra campana. Così ho scritto alla Roche Italia per ottenere o i documenti richiesti o almeno una risposta, ecco la mia mail:
Questo è quello che ho scritto alla Roche Italia s.p.a., la loro risposta è stata la seguente: silenzio assoluto.Gentile Roche s.p.a.,
sono un medico che si occupa anche di divulgazione scientifica e medica sul web e sugli altri mezzi di informazione.
Vi contatto per ottenere, se possibile, tutta la documentazione a vostra disposizione relativa al profilo di efficacia e sicurezza del Tamiflu, farmaco da voi prodotto e distribuito (oseltamivir). Ho già la scheda tecnica del farmaco e la letteratura disponibile su Medline.
Sto conducendo un'inchiesta sulla vicenda che ha avuto molto risalto in Gran Bretagna (mi riferisco a questo: http://www.bmj.com/tamiflu) e che sto seguendo ed oltre all'interesse professionale personale (sono medico ospedaliero) e da consumatore, necessito di informazioni per motivi divulgativi e per sentire la vostra opinione in merito sulla discussione che attualmente sta coinvolgendo la vostra azienda, il BMJ (British Medical Journal), l'EMA, la Cochrane e diversi soggetti interessati a vario titolo. Mi farebbe piacere conoscere la posizione di Roche Italia. Considerato che dovrò giungere a conclusioni riguardanti l'argomento che possono avere parecchio risalto sui media, ritengo opportuno e corretto rivolgermi a Voi sia per sentire la vostra versione che per ottenere notizie che eventualmente non sono disponibili sul web. Appena ricevuto il materiale ne terrò debito conto quando concluderò il lavoro che ho appena iniziato.
Darò notizia anche di questa comunicazione e dell'eventuale risposta.
Sicuro di un riscontro e ringraziandovi in anticipo, porgo cordiali saluti.
Dott. Salvo Di Grazia.
Sito web: http://medbunker.blogspot.it
La richiesta di chiarimenti è stata inviata il 02/12/2012. Nessuna risposta, ribadisco, da parte di Roche Italia.
L'azienda ha il dovere di rispondere a qualsiasi cittadino, a prescindere dall'eco che avrebbe un'eventuale risposta e quindi prendiamola così, la Roche non ha risposto ad un privato cittadino che è anche medico ed in questa veste prescrive anche i suoi farmaci.
La mancata risposta della Roche quindi è per me da considerare un silenzio ufficiale nei confronti di un medico e di un cittadino qualsiasi.
Se la risposta arrivasse ora, visto che la notizia probabilmente si diffonderà anche in Italia, è già condizionata, qualsiasi essa sia.
Credo siamo solo all'inizio della vicenda, che seguirò, ma tutto questo ha un unico significato: un'azienda che produce farmaci chiede ai medici ed ai cittadini di fidarsi e noi ci fidiamo assumendo le loro medicine. Non può quindi non fidarsi di chi vuole controllarla. La trasparenza è più di un dovere per un'azienda ed è un diritto di chi dall'azienda acquista i prodotti per la propria salute, a prescindere dai risultati degli studi sul Tamiflu quindi, la Roche si è già macchiata di poca trasparenza (e scorrettezza, la chiusura nei confronti di chi vuole controllare l'ho toccata con mano, almeno da cittadino).
A questo punto non resta che un'altra possibilità, la vicenda merita di essere nota a più persone possibili, ai medici ed ai pazienti, ovvero a coloro che fanno vivere l'azienda produttrice del Tamiflu, proviamo a diffonderla ed a far capire all'azienda che produce i farmaci che compriamo (da pazienti) e prescriviamo (da medici) che se non si fida di noi, noi non ci fideremo di lei e quindi potrebbe succedere che i pazienti ed i medici non si affidino più ai suoi farmaci, un'iniziativa personale ma che gioverebbe a tutti.
La proposta arriva anche da Peter Gøtzsche, componente della Cochrane di Copenhagen: boicottaggio, dice. Non faccio mai nomi di farmaci per motivi di correttezza ma forse è bene che ciascuno di noi li conosca, può essere utile quindi una lista dei farmaci Roche venduti in Italia: questi.
Ribadisco l'appello ai colleghi, ne va anche del nostro lavoro e della nostra credibilità ed ai pazienti, in farmacia ricordatevi di Roche.
Aggiornerò e seguirò la vicenda passo per passo, personalmente terrò conto di questo comportamento tenuto dalla Roche quando dovrò scegliere i farmaci da prescrivere e fino a quando l'azienda non cambierà atteggiamento dimostrandosi corretta, affidabile ed onesta.
Dite che è un argomento abbastanza convincente?
Alla prossima.
Note: Il BMJ si occupa della vicenda qui.
Media release, Basel, 7 November 2005. www.roche.com/med-cor-2005-11-07.
Deve essere la prima volta in vita mia che segnalo l'articolo di un blog su faccialibro... tanto per rendere l'idea.
RispondiEliminaCos'e', BigPharma non ti ha pagato la tredicesima quest'anno? :-P
Cos'e', BigPharma non ti ha pagato la tredicesima quest'anno?
RispondiEliminaC'è la crisi (cit.).
Ma esattamente quale è la reale efficacia e il livello di sicurezza del Tamiflu? Ci sono stati eventi avversi degni di nota? Stiamo parlando di un farmaco che ha ricevuto tutta questa attenzione più per la mancanza di efficacia o di effetti collaterali gravi?
RispondiEliminaComplimenti comunque per l'articolo.
Ma esattamente quale è la reale efficacia e il livello di sicurezza del Tamiflu?
RispondiEliminaDa quanto emerge dallo studio finanziato dalla stessa Roche, chi ha l'influenza e prende il farmaco guarisce 1.5 giorni prima di che non prende il Tamiflu...
Ci sono stati eventi avversi degni di nota?
Sì. Non da collegare al farmaco in maniera certa ma molto seri, soprattutto a carico dei bambini e di tipo psichiatrico. Il sospetto è nato quando di fronte ad eventi ripetuti come tentativi di suicidio, allucinazioni e convulsioni non febbrili la Roche ha parlato di "normali sequele dell'influenza", è questo che ha fatto scattare l'allarme.
Stiamo parlando di un farmaco che ha ricevuto tutta questa attenzione più per la mancanza di efficacia o di effetti collaterali gravi?
Soprattutto per la mancanza di efficacia, il sopetto di effetti collaterali gravi (non ancora accertato) è "solo" una conseguenza, se il gioco valesse la candela si corre il rischio degli eventi avversi ma se il farmaco non serve a molto...
Soprattutto per la mancanza di efficacia...
RispondiEliminaMa se questo farmaco non avesse avuto effetti collaterali seri oggi ne parleremmo? Cioè mi chiedo se ad oggi un farmaco con una efficacia quasi nulla ha la stessa possibilità di essere scoperto come il Tamiflu.
se ad oggi un farmaco con una efficacia quasi nulla ha la stessa possibilità di essere scoperto come il Tamiflu.
RispondiEliminaGli "integratori" in vendita in farmacia hanno un'efficacia praticamente nulla su qualsiasi malattia o stato di salute dell'uomo e non voglio parlare di omeopatia. La differenza è nei motivi che ne hanno fatto un prodotto acquistato da centinaia di governi (compreso l'italiano) in stock milionari e nella pretesa di curare l'influenza (malattia incurabile). Un fatto vendere un prodotto non venduto come farmaco (quanti ce ne sono in farmacia?) un altro venderlo come "salvavita". Il sospetto di effetti collaterali è un peso ulteriore nei confronti di questo prodotto. La vicenda è nata analizzando l'efficacia non gli eventi avversi.
Articolo fantastico. chiaro e molto ben spiegato. se posso permettermi da tuo assiduo lettore, mi piacerebbero più articoli di questo tipo e meno sull'omeopatia che ormai mi danno un po' l'impressione di "spari sulla croce rossa". mi spiego: l'omeopatia è una colossale cazzata. hai scritto articoli che non lasciano margine di dubbio a meno di non avere tare mentali evidenti. a questo punto continuare a infierire sull'omeopatia diventa una sortadi gioco autoreferenziale. credo siano gli articoli di approfondimento su vari aspetti meno noti della medicina (come questo, quello su henrietta lacks ecc.) che danno un vero spessore al tuo blog. un saluto e un ringraziamento.
RispondiEliminaBellissimo articolo,
RispondiEliminaspero che anche grazie al polverone sollevato si riesca ad ottenere almeno la trasparenza dei dati.
Ti segnalo solo un refuso:
"Così ho scritto alla Roche Italia per ottenere o i documenti richiesti o almeno una risposta. Ho così inviato un messaggio alla Roche Italia, ho scritto:"
c'è una ripetizione, vedi tu come sintetizzare
e un probabile errore, dove dici che "l'influenza è una malattia inguaribile". Forse volevi dire incurabile, come hai scritto sul Fatto Quotidiano, altrimenti se sbaglio io potresti spiegare il concetto medico preciso di "inguaribile" e "incurabile"?
ehm, ho visto che il mio commento è stato pubblicato sotto il profilo del dipartimento di sanità pubblica di torino. ci lavoravo. non so perchè google ha mantenuto in memoria questo profilo. questo commento era mio personale. non si sa mai... meglio specificare.
RispondiElimina"un chemioterapico derivato dal Tasso, un arbusto che cresce spontaneamente"
RispondiEliminaPovero tasso, declassato ad arbusto!
allarmante la mancaza di poter degli organi deposti al controllo.In poche parole, se la Roche non rilascia i dati non ci si puo' fare nulla!? (in realta' e' piu' una domanda) Quello che non colgo e' come fa il farmaco ad essere registrato se i dati non sono stati controllati? basta la pubblicazione su una o due o tre riveste per avere l'approvazione?
RispondiEliminaSe si', non lo so, non sarebbe meglio che le case farmaceutiche mettessero i dati aa disposizione?Perche' anche se partecipi allo studio come come medico i dati sono solo della compagnia? Ovvio che , anche volendo pensare bene, ti viene da essere un peluccio scettico..
Consiglio di leggere, su Internazionale 975 di un mesetto fa, l'articolo/inchiesta di Goldacre (è in copertina) in merito, è intitolato 'Cattive medicine' e ne cito il sommario:
RispondiEliminaQuando prescrivono un farmaco, spesso i medici non sanno esattamente che effetto avrà sui pazienti. Perché la legge consente alle case farmaceutiche di pubblicare solo i risultati positivi dei test condotti sui medicinali. L’inchiesta di un medico britannico
Semplicemente illuminante. Appena avrò un attimo di tempo, se vuoi, lo scannerizzo e te lo invio, Salvo (ma magari l'hai già letto) ovviamente chiedendo il permesso di divulgarlo alla rivista - io sono abbonato al cartaceo.
Anticipo che, con un linguaggio semplice ma preciso - tipicamente anglosassone - fa capire (senza le ovvie vaccate su Big Pharma) quali sono alcuni dei VERI problemi nel mondo dei farmaci e delle industrie produttrici. In ogni caso, mi accodo ai complimenti per il tuo scritto, centrato sull'argomento.
mi piacerebbero più articoli di questo tipo e meno sull'omeopatia che ormai mi danno un po' l'impressione di "spari sulla croce rossa"
RispondiEliminaVero e cominciano a piacere anche a me (e vedo questo tipo di articoli una sorta di "seconda fase" del blog) però è anche vero che non vorrei "snaturare" quello per cui ho iniziato. Diciamo che parlando di omeopatia e ciarlatani, ogni tanto ne approfitto per parlare di altri ciarlatani ed altre storie. Comunque di articoli divulgativi non "alternativi" ne scrivo da tanto tempo, la serie sull'autismo, sui vaccini, sull'oncologia, le statistiche...
Poi considera che a spiegare perché l'omeopatia è una sciocchezza è un fatto, spiegare i "trucchi" dei "colletti bianchi" è molto più complicato...
Consiglio di leggere, su Internazionale 975 di un mesetto fa, l'articolo/inchiesta di Goldacre (è in copertina) in merito, è intitolato 'Cattive medicine'
Goldacre per me è un mito.
Aspetto l'edizione italiana del suo libro (in primavera) per godermelo.
Vero, Goldacre è un grande, ogni tanto lo leggo sul suo badscience.net, per chi mastica l'inglese ed è interessato alla medicina & affini lo ritengo un sito fondamentale.
RispondiEliminaGentilissimo Dottor Salvo,
RispondiEliminaa ulteriore supporto di quanto scrive, allego link della trasmissione "Falò" andata in onda sulla RSI. Un sincero grazie per la Sua preziosa opera di divulgazione.
http://la1.rsi.ch/falo/welcome.cfm?idg=0&ids=0&idc=41488
Ti segnalo solo un refuso
RispondiEliminaCorretto, grazie.
"inguaribile" e "incurabile"
Sono due termini usati anche come sinonimi, ma mentre inguaribile significa che non vi è alcun rimedio che guarisca una malattia ma possono essercene altri che ne migliorano i sintomi o la "stabilizzano" (esempio il diabete, è inguaribile ma si riesce a controllarne i sintomi e gli effetti), incurabile vuol dire che non vi è alcun modo per migliorare o "controllare" la malattia. Un esempio possono essere alcuni tipi di tumore. Quindi, per esempio, il diabete è inguaribile ma curabile. Siamo comunque nel campo dell'etimologia, non della medicina e tutto risiede nel significato dei termini "cura" e "guarigione", l'influenza è curabile ma inguaribile da parte dell'uomo.
allego link della trasmissione "Falò" andata in onda sulla RSI
Interessante, grazie.
Non ho capito una cosa, ma la FDA o l'OMS o altri organi di controllo, non hanno facoltà di ritirare il farmaco in mancanza di dati seri?
RispondiEliminama la FDA o l'OMS o altri organi di controllo, non hanno facoltà di ritirare il farmaco in mancanza di dati seri?
RispondiEliminaE' proprio questo il problema, i "dati seri" sembravano esserci ma solo dopo la commercializzazione qualcuno si è accorto che la Roche non vuole fornirli (ma continua a dire che esistono). Le autorità hanno basato l'autorizzazione sui dati di UNO studio che è ancora valido. Non possono quindi ritirare un farmaco per "sospetti" o "scorrettezza" o "poca trasparenza" dell'azienda, non è un caso contemplato, ma anche qui stanno cercando di mettere ordine alle regole, sia alcune riviste scientifiche (BMJ su tutte), sia alcune autorità (EMA su tutte) stanno muovendosi in questo senso: vuoi un'approvazione? Devi fornire tutti i dati richiesti, non solo quelli che vuoi tu.
Bellissimo articolo, che dimostra come nel mondo della Scienza quando qualcosa non va, non c'è "Big Pharma" che tenga. Niente ricercatori e accademici "indottrinati" o pagati per tacere, anzi. Ennesima dimostrazione che il complottismo è una marea di vaccate.
RispondiEliminaGrazie, questo blog è sempre meraviglioso.
Incredibile che i complottardi non abbiano afferrato la palla al balzo per l'ennesimo assalto a big-pharma. In ogni caso, visto che è stato ampiamente usato, oltre ai dati preliminare che indicano una scarsa efficacia, esiste qualche statistica "sul campo", ovvero su un campione di pazienti che hanno assunto il farmaco che possa sopperire al rifiuto di Roche di fornire tutta la documentazione e fugare dunque i dubbi? D'altronde mi pare di capire che non è stato affatto ritirato e che è regolarmente consumato...
RispondiEliminaSolo per fare una precisazione: l'acido acetilsalicilico non si trova in natura. Nel genere Salix sp. (Specialmente nel salice bianco) e Spiraea sp. si trova l'acido salicilico. Poi effettivamente una molecola naturale può essere brevettata, purchè sia sintetizzata o purificata con procedimenti "umani"; quindi, oltre al brevetto dell'acido acetilsalicilico, esiste pure un brevetto per la produzione industriale di acido salicilico ma non può esistere un brevetto per l'infuso di corteccia di salice.
RispondiEliminapasso e chiudo su questa breve precisazione sulla parte introduttiva dell'articolo.
l'acido acetilsalicilico non si trova in natura
RispondiEliminaGiusta precisazione, è chiaro che i prodotti farmaceutici fanno uso di molecole naturali "processate". Nemmeno il bicarbonato si trova in natura (o meglio, se ne trovano quantità minime) ed è necessario produrlo in fabbrica (e per farlo si usa il mercurio...).
;)
@la tigre della malora:Quando prescrivono un farmaco, spesso i medici non sanno esattamente che effetto avrà sui pazienti. Perché la legge consente alle case farmaceutiche di pubblicare solo i risultati positivi dei test condotti sui medicinali
RispondiEliminaMi pare che ci sia qualcosa che non torna...quando si dice che le case farmaceutiche pubblicano solo i risultati positivi e’ da intedersi in genere in altro senso e cioe’ che non vengono pubblicati i risultati dei trials negativi cioe’ quelli che portano a concludere per l’inefficacia (o tossicita’) di un trattamento non che vengono sistematicamente nascosti gli effetti negativi di un trattamento se efficace.
@Salvo Di Grazia:sia alcune riviste scientifiche (BMJ su tutte), sia alcune autorità (EMA su tutte) stanno muovendosi in questo senso: vuoi un'approvazione? Devi fornire tutti i dati richiesti, non solo quelli che vuoi tu.
Mi risulta che l’FDA richieda i dati grezzi e che prima dell’approvazione rifacciano le analisi statistiche i cui risultati (e conclusioni) vengono poi confrontati con quelli delle case farmaceutiche. Mi sembra pero’ inverosimile, se non da intendersi in altro senso, che le riviste scientifiche chiedano la stessa cosa, per ragioni di tempo e risorse.
@Grezzo:esiste qualche statistica "sul campo", ovvero su un campione di pazienti che hanno assunto il farmaco che possa sopperire al rifiuto di Roche di fornire tutta la documentazione e fugare dunque i dubbi?
Non so per lo specifico caso, ma solitamente questi studi di popolazione si chiamano studi di Fase IV o studi di sorveglianza post-marketing.
20 minuti di applausi!
RispondiEliminaOttimo lavoro e proposta che condivido.
Altro comportamento sospetto si è creato attorno all'Aulin.
Fino a qualche tempo fa veniva infatti prescritto come panacea di tutti i mali. Adesso è diventato tabù e il motivo preciso a me non è ancora ben chiaro.
Sai qualcosa di più preciso? Hai qualche lavoro in mente?
Boicotaggio assolutamente condiviso.
@ max(L)
RispondiEliminaHai ragione, ma secondo me bisogna tener conto che la mia citazione è una sintesi giornalistica (praticamente quel che stava scritto in copertina della rivista). Il contenuto dell'articolo - che poi ho scoperto essere una sorta d'anticipazione dell'edizione italiana di 'Bad medicine' - di Goldacre spiega meglio e più diffusamente il concetto, e mi pare vada nel senso da te indicato.
Resta il fatto - ipotizzato da G., ma con forti indizi (quasi prove, direi, ma bisognerebbe leggere il libro per intero) a sostegno - che a volte le industrie tendono 'di prassi' a minimizzare, se non nascondere, dati e risultati ritenuti 'dannosi' per le vendite dei loro prodotti, nell'articolo veniva analizzato il caso di un principio attivo contenuto in uno psicofarmaco, che dopo anni è stato ritenuto (in UK) non raccomandabile prescrivere ai ragazzini. Vado a memoria: G. ha anche riscontrato che la ditta non commise nulla di illegale, ma il suo comportamento fu (anche) favorito dalla possibilità di potersi 'insinuare' nei meandri delle norme e dei regolamenti. Senza violarli, ma mantenendo un atteggiamento - semplifico - poco 'etico'.
Altra sintesi: come evidenziato pure da Salvo, vi sono tra le altre due possibili soluzioni: norme più chiare e stringenti e massima o quasi trasparenza.
Dimenticavo una terza: maggior possibilità di controlli, ovviamente indipendenti.
@la tigre della malora: la mia citazione è una sintesi giornalistica (praticamente quel che stava scritto in copertina della rivista)
RispondiEliminaMi era sorto il sospetto..
Goldacre spiega meglio e più diffusamente il concetto, e mi pare vada nel senso da te indicato.
Il compianto prof. Liberati (http://www.cochrane.org/features/farewell-professor-alessandro-liberati) aveva ben presente, come tutti coloro che si occupano di meta-analisi, le conseguenze della mancata pubblicazione dei trials negativi: il bias di pubblicazione. A cio’ aggiungiamo anche un secondo rovescio della medaglia: se non e’ nota l’inefficacia di un trattamento perche’ chi dovrebbe pubblicare teme di rovinare la propria immagine, altri butteranno tempo e risorse per qualcosa che non avrebbe ragione d’essere indagato.
Resta il fatto - ipotizzato da G., ma con forti indizi (quasi prove, direi, ma bisognerebbe leggere il libro per intero) a sostegno - che a volte le industrie tendono 'di prassi' a minimizzare, se non nascondere, dati e risultati ritenuti 'dannosi' per le vendite dei loro prodotti
La minimizzazione non e’ un’ipotesi, chi ha lavorato per l’industria farmaceutica sa bene che e’ un dato di fatto.
@ max(L)
RispondiEliminaMi era sorto il sospetto..
Infatti avevo scritto precedentemente che era un 'sommario'.
La minimizzazione non e’ un’ipotesi, chi ha lavorato per l’industria farmaceutica sa bene che e’ un dato di fatto.
Infatti (e due) parlo da profano: ho conoscenze - che ogni tanto 'rinfresco' - in scienze dell'informazione e statistica e tra le mie passioni/hobby vi sono la scienza in generale e la medicina, ma non son così addentro nel campo pubblicazioni/industria farmaceutica, per questi motivi ho impostato il discorso su un piano ipotetico, non mi sognerei mai di dare per assodati concetti dei quali non son più che sicuro.
Grazie, in ogni caso, della discussione, è sempre piacevole imparare qualcosa.
@Salvo: io ho già divorato Bad Pharma.. che dire, metti da parte un bel po' di tempo libero, è un libro estremamente più maturo di Bad Science (comunque consigliatissimo) e pure estremamente denso di informazioni. Una di quei libri da far circolare, considerato che neanche un paio di settimane fa' ho sentito una stella nascente della ricerca clinica del mio policlinico educare una platea di studenti come "se non hai conflitti di interessi con alcuna casa farmaceutica sei uno sfigato" (sic)
RispondiEliminaMi sfugge una cosa: ero convinto che l'autorizzazzione alla commercializzazione di un farmaco venisse concessa solo a fronte dell'evidenza della sua efficacia e la mancanza di effetti collaterali gravi (dove la "gravità" va valutata in relazione ai benefici che dovrebbe dare).
RispondiEliminaIn definitiva, ero convinto che per poter mettere in vendita un farmaco, una commissione o un'entità "esterna" all'azienda farmaceutica dovesse, se non eseguire studi indipendenti, quantomeno verificare dei dati concreti, e non fidarsi di dati tenuti segreti dall'azienda stessa.
In poche parole: com'è possibile che sia in commercio un farmaco di cui nessun organo indipendente conosca gli effettivi risultati degli studi che dovrebbero autorizzarne la vendita???
è un libro estremamente più maturo di Bad Science
RispondiEliminaGià questo è un merito in più...
:)
com'è possibile che sia in commercio un farmaco di cui nessun organo indipendente conosca gli effettivi risultati degli studi che dovrebbero autorizzarne la vendita???
Gli studi (o meglio LO studio) c'era e pure di buon livello (è quello di Kaiser di cui parlo nel post) ed i seguenti si basavano su questo e su altri successivi. Quindi dal punto di vista "scientifico" non ci sono state grosse falle, il problema è sorto quando uno dei "revisori" (gli studiosi cioè che rileggono gli studi su un argomento traendone conclusioni più "ampie") ha chiesto i dati, non gli studi. In pratica se tu dici che un farmaco funziona 9 volte su dieci perché così risulta dalle cartelle dei soggetti in sperimentazione mi sta bene, ma se quando ti chiedo "per favore mi fai vedere le cartelle sulle quali hai basato le tue conclusioni?" non me le fornisci, qualche sospetto mi sorgerebbe sicuramente...
> se tu dici che un farmaco funziona 9 volte > su dieci perché così risulta dalle cartelle
RispondiElimina> dei soggetti in sperimentazione mi sta
> bene, ma se quando ti chiedo "per favore mi
> fai vedere le cartelle sulle quali hai
> basato le tue conclusioni?" non me le
> fornisci, qualche sospetto mi sorgerebbe
> sicuramente...
E' proprio questo che non mi quadra: visto che parliamo di salute pubblica, mi sarei aspettato (anzi, ne ero convinto) che per autorizzare la vendita, gli organi competenti verificassero proprio i dati... le cartelle... e non che si basassero solo su uno studio promosso dall'azienda produttrice. Cmq sia, ottimo articolo e grazie per le info.
per autorizzare la vendita, gli organi competenti verificassero proprio i dati... le cartelle...
RispondiEliminaLe aziende (ma anche gli sperimentatori) hanno un bel po' di motivi (validi o meno) per non mostrarli (privacy, segreto professionale ed aziendale) ma non dovrebbero averne se sorgono dei dubbi sull'attendibilità dei dati (anche perché ci sarebbero diversi modi per ovviare ai problemi di privacy). In ogni caso questa vicenda sta portando ad un cambiamento proprio di questo tipo di problemi.
> Le aziende (ma anche gli sperimentatori)
RispondiElimina> hanno un bel po' di motivi (validi o meno)
> per non mostrarli (privacy, segreto
> professionale ed aziendale)
capisco il segreto aziendale sul principio attivo (che comunque sarebbe coperto da brevetti) ed eventualmente sul modo in cui questo principio agisce, ma sui dati della sperimentazione clinica non vedo perché debba esserci segreti. Se qualcuno deve dare il consenso alla commercializzazione, dovrà pur basarsi su qualcosa che non sia solo uno studio che dice "funziona" ma non contiene alcun dato a dimostrazione di ciò... altrimenti anche un omeopata può dire "funziona" senza dimostrare nulla.
Se qualcuno deve dare il consenso alla commercializzazione, dovrà pur basarsi su qualcosa che non sia solo uno studio che dice "funziona" ma non contiene alcun dato a dimostrazione di ciò...
RispondiEliminaSe le agenzie del farmaco dovessero controllare una per una le cartelle cliniche relative alle sperimentazioni di tutti i farmaci proposti per la commercializzazione saremmo ancora all'aspirina.
E' una mole di lavoro impossibile da realizzare. Guardacaso uno dei problemi relativi a questa vicenda è legato anche al fatto che la FDA e l'EMA avevano richiesto questi dati (in seguito ai primi dubbi emersi sul Tamiflu) e la Roche ha inviato scatoloni pieni di fogli (non vorrei sbagliarmi, mi sembra oltre 100.000 pagine di dati). Questo è stato visto naturalmente come un ulteriore tentativo di insabbiare le cose, perché quei fogli non saranno analizzabili prima di 5-6 anni. Per capirci, a volte ci vogliono settimane per analizzare UNO studio solo dal punto di vista statistico e clinico, figurati quante ne servirebbero per studiare (ammettiamo) 800 cartelle per ognuno dei 20 studi su UN farmaco...
Non per niente tutto si basa sulla fiducia e sul presupporre la buona fede e l'onestà dell'azienda. Ma a quanto pare non è sempre così.
Non è questa la strada quindi, non interessa leggersi le cartelle una per una, interessa il fatto che se avessi dubbi su un prodotto, potrei chiedere qualche dato in più, relativo ad un aspetto o all'altro del farmaco o ai soli effetti collaterali, o magari alle differenze in base all'età...sono degli esempi.
Insomma, non è tanto una questione di legge quanto di trasparenza. Potrebbe essere impossibile studiare tutti i dati di tutti i farmaci al mondo fino ad approvarli, ma intanto, perché l'azienda non li mette a disposizione?
OK, la prendo per buona perché sicuramente ne sai più tu di me. Grazie per la spiegazione.
RispondiEliminaHo apprezzato l’articolo perché credo sia giusto indagare anche e soprattutto nei confronti di chi produce farmaci tradizionali, soprattutto perché il loro costo è a carico della collettività e di questi tempi una maggiore razionalizzazione della spesa non guasta.
RispondiEliminaSe è difficile valutare l’efficacia di un farmaco lo è molto di più quella di un vaccino. Io ho dei dubbi sull’effettiva utilità della vaccinazione contro il papilloma virus, fatta, almeno credo, a spese della collettività. Per essere sicuri dell’effettiva utilità di questo farmaco in teoria dovremmo:
1) fare una sperimentazione su un gruppo consistente di bambine;
2) fare un monitoraggio per un periodo lungo sufficiente non solo a constatare che in quel gruppo si ha meno probabilità di contrarre il virus, ma anche di contrarre il tumore (solo una parte di papillomi virus degenerano in tumori e la vaccinazione potrebbe eliminare solo quelli meno pericolosi);
3) verificare anche la percentuale di morti per altre malattie o comunque di malattie degenerative al fine di meglio valutare gli eventuali effetti collaterali di lungo periodo;
4) verificato che effettivamente il vaccino permetta di salvare delle vite umane (al netto di eventuali incrementi di morti per altre cause) stimare le eventuali vite che si potevano salvare con un utilizzo alternativo di quelle risorse (ad esempio incrementando i posti letto adibiti a camera rianimazione o terapia intensiva coronarica, di cui molti ospedali ne sono privi);
5) fare una contro ricerca a spese dell’azienda produttrice per verificare la correttezza della ricerca, quanto meno nella fase iniziale.
Credo che forse nello specifico sia stato fatto solo quello descritto al punto 1, troppo poco per dire che quel vaccino salva vite umane. Date le sempre più limitate risorse, considerando poi che i profitti possono annebbiare la coscienza a chiunque (anche a ricercatori) credo sia opportuno una maggiore trasparenza e procedure più rigide quantomeno per quei vaccini che non presentano i caratteri di urgenza, quale appunto quello contro il papilloma virus.
Io ho dei dubbi sull’effettiva utilità della vaccinazione contro il papilloma virus
RispondiEliminaAnche io e li ho esposti qui:
http://medbunker.blogspot.it/2011/11/il-vaccino-il-gioco-e-la-candela.html
Da notare che li ho riportati pure al rappresentante dell'azienda produttrice che non mi ha saputo rispondere.
A distanza di due anni ecco un'altra bella storia targata Roche.. A quanto leggo il PM Guariniello ha aperto un'inchiesta nel 2012 dopo le segnalazioni degli oculisti della società oftalmologica italiana e il 5 marzo l'antitrust ha comminato una multa da 180 milioni di euro alla Roche e alla Novartis per il presunto cartello nella vendita dell'avastin e del lucentis.
RispondiEliminaLei che ne pensa?
A me sembra che una multa del genere sia davvero poco. In fin dei conti questi due colossi hanno truffato il SSN e, quindi, tutti noi!