Un ciarlatano è un individuo che si approfitta della debolezza (da tutti i punti di vista, anche l'ignoranza è una debolezza) del prossimo per imbrogliarlo, facendogli credere che un suo prodotto, una sua idea, qualcosa in suo possesso, possa giovargli, quasi sempre per problemi di salute. Si tratta di una delle figure più patetiche e vergognose nel panorama umano. Il ciarlatano, ne ho parlato, è in genere una persona fallita, personalmente o professionalmente ed ha come scopo finale il guadagno di denaro, a qualsiasi costo. Smascherare un ciarlatano non è difficilissimo (almeno per un medico), basta avere voglia, tempo ed intuito.
Molto più difficile smascherare chi si traveste da persona seria ma poi si comporta esattamente come un ciarlatano. Il termine quindi, se spesso identifica una persona di basso valore umano e professionale, può applicarsi anche a chi, ufficialmente attendibile ed onesto, compie atti talmente disumani e scorretti da trasformare la sua attendibilità in disonestà. Per questo motivo identificare un ciarlatano "evidente" è molto più facile di smascherarne uno "nascosto". Un medico serio che tradisce i fondamenti della professione e dell'etica è un ciarlatano. Un operatore della salute che mette davanti ai diritti dei malati quelli personali è un ciarlatano.
E' successo, non poche volte e qui racconterò una vicenda che rischia di trasformare un operatore della salute presumibilmente serio in un ciarlatano della peggiore specie.
Le aziende farmaceutiche fanno un lavoro eccezionale. Senza di esse non avremmo farmaci o strumenti chirurgici, non riusciremmo a procurarci le medicine senza sforzo particolare. Il nostro benessere lo dobbiamo in larga parte alla loro produzione.
In cambio le aziende guadagnano una marea di denaro: poco male, è uno scambio inevitabile, per me possono pure arricchirsi, basta che si comportino con onestà, correttezza e trasparenza.
Tra aziende, medici e cittadini (i tre personaggi che si susseguono nella "catena della vendita di farmaci") deve esserci un rapporto di fiducia, è fondamentale e scontato.
L'azienda crea un farmaco e con correttezza lo mette in commercio perchè serve a qualcosa, a curare una malattia, non importa se grave o meno, lo scopo è nella stessa definizione di "farmaco".
Il medico prescrive quel farmaco perché l'azienda gli ha detto che si tratta di un prodotto sicuro ed efficace e se qualche insicurezza esiste bisogna renderla nota. Così il medico potrà prescrivere quella sostanza in scienza e coscienza, nell'interesse del malato. I successivi guadagni, stratosferici o meno, sono un altro capitolo che a me interessa meno, come ho detto, se un'azienda produce un farmaco salvavita o efficace ha pieno diritto di guadagnarci, anche tanto.
Trasparenza ed onestà quindi: finché esiste sono disposto a perdonare persino l'errore in buonafede (nonostante questo possa costare vite umane e sofferenza, ma che è sempre uno dei limiti umani).
Purtroppo in questi giorni si sta assistendo a qualcosa che fa crollare la fiducia che un medico (e di conseguenza i pazienti) deve riporre in un'azienda farmaceutica.
Visto che da noi è arrivato solo un flebile eco, vediamo se riesco a farla conoscere come si deve.
Prima di raccontarla la introduco con una curiosità, quella che riguarda uno dei tormentoni dei ciarlatani e dei "naturale a tutti i costi". Questo con la storia c'entra poco con l'argomento centrale ma ne approfitto parlandone al volo.
Quante volte si sente dire "quel rimedio non sarà mai prodotto dalle case farmaceutiche perché deriva dalle piante e non si può brevettare!", oppure "ricavare quel prodotto dalle piante costa poco e nessuna azienda si sognerebbe di venderlo, non ci guadagnerebbe nulla!".
Sono affermazioni ambedue false. La prima: non è vero che un prodotto che deriva "dalla natura" non si possa brevettare. Naturalmente non è possibile brevettare una pianta o un fiore ma un suo derivato per uso medico (o di altro tipo) sì. Esempi noti: l'acido acetilsalicilico (la comune Aspirina) ed il Taxolo (un chemioterapico derivato dal Tasso, un arbusto che cresce spontaneamente). La seconda: il processo di purificazione, sintesi e produzione intensiva di un derivato "naturale" (termine improprio, qualsiasi sostanza è "naturale", anche il petrolio...) può essere costoso e complicato. Il caso del Tamiflu è un esempio lampante. La sostanza principale che compone il farmaco (l'acido shikimico) deriva dall'anice stellato. Il processo di purificazione è complicato e difficile. Il Tamiflu è coperto da brevetto e costa tantissimo, questo nonostante sia un farmaco del tutto "naturale" e derivato da una pianta. Chiudiamo quindi una volta per tutte questo inutile argomento.
Ma come detto non è questo il problema riguardante il farmaco.
Come per qualsiasi sostanza farmacologica posta in vendita, anche il Tamiflu, prima della commercializzazione, è stato sperimentato ed i risultati dei test (in particolare lo studio del prof.
Laurent Kaiser, svizzero) dicevano che
fosse efficace per migliorare i sintomi dell'influenza, modificarne il decorso e diminuire il rischio di complicazioni.
Esperimenti
riusciti, vendita autorizzata, milioni di confezioni vendute in farmacia ed ai governi di mezzo mondo. Tutto lineare e standardizzato, quando si parla di medicine.
Le affermazioni della Roche sul suo farmaco erano piuttosto precise e
dettagliate, come
spiegato dal
BMJ (British Medical Journal, una delle riviste mediche più prestigiose al mondo) che nel frattempo aveva iniziato a seguire la vicenda perché direttamente coinvolto nella pubblicazione delle ricerche sulla molecola:
Oseltamivir (brand name Tamiflu) is a
multi-billion dollar drug that Roche claimed reduced hospital admissions
by 61% (Tamiflu media briefing, 7 Sept 2009); secondary complications
(including bronchitis, pneumonia, and sinusitis) by 67% in otherwise
healthy individuals; and lower respiratory tract infections requiring
antibiotics by 55% (Tamiflu media briefing, 7 Sept 2009). These
statements, Roche said, were based on the conclusions of the Kaiser
paper.
(trad.) L'oseltamivir (nome commerciale
Tamifli) è un farmaco che fa ricavare miliardi di dollari e che la Roche
definisce capace di ridurre i ricoveri del 61% (Tamiflu media briefing,
7 settembre 2009), le complicazioni secondarie (incluse bronchiti,
polmoniti e sinusiti) del 67% in soggetti sani ed infezioni delle
basse vie respiratorie che richiedono antibiotici del 55% (Tamiflu media
briefing, 7 settembre 2009). Queste affermazione, dice Roche, sono
basate sulle conclusioni del lavoro di Kaiser
Anche la maggioranza dei governi che decisero di fare scorta del farmaco si basarono sullo studio di Laurent Kaiser per il quale però sorgeva un "piccolo" problema, anche se in realtà già nel 2000 la FDA inviò alla Roche un
avvertimento per pubblicità ingannevole sul farmaco.
Visto che la vicenda è intricata e complessa provo a
schematizzarla, non è possibile raccontare tutti i particolari (vi è una corrispondenza fittissima, tantissimi documenti ed un numero impressionante di dati, servirebbero pagine su pagine e diventerebbe tutto molto complicato) e quindi tratterò solo quelli essenziali per comprenderla meglio.
Un pediatra giapponese,
Keiji Hayashi, cominciò a dubitare dei risultati di quegli studi che sembravano confermare l'efficacia del farmaco (lo studio di Kaiser e le revisioni che ne seguirono). Andando a scavare più in fondo, gli stessi autori di alcuni di questi studi si chiesero se non fosse il caso di ricontrollare i dati, le statistiche, i numeri alla fonte, questo perché ciò su cui si basavano queste "conferme di efficacia" era troppo poco (studi presentati solo a congressi, non pubblicati, report di riunioni aziendali, eccetera).
Fu così la
Cochrane (organizzazione scientifica specializzata nella revisione degli studi scientifici su un certo argomento) che chiese all'azienda produttrice di fornire tutti i dati a sua disposizione per ricontrollarli e revisionarli, ma arrivò un
no.
Non secco, inizialmente un "tira e molla", un continuo rimandare la consegna di quei dati, poi una nuova promessa ed un altro rinvio uniti a misteriosi smarrimenti di report (il prof. Kaiser, autore del primo studio che misurava l'efficacia del farmaco parlò di smarrimento dei dati invitando a contattare direttamente la Roche), insomma, dopo anni (e fino ad oggi), la Roche non ha consegnato tutti i dati (che sosteneva di possedere) relativi al suo prodotto.
Ci fu un altro episodio "strano".
Tom Jefferson, italiano, componente proprio di quella Cochrane che doveva ricontrollare i dati, fu invitato dalla Roche a firmare un documento in cambio del rilascio delle pubblicazioni.
Il problema fu che Jefferson doveva sottoscrivere di
non rivelare l'esistenza di quell'accordo e di non utilizzare i dati che avrebbe visto per altre ricerche ma Jefferson
rifiutò e questo provocò un ulteriore "irrigidimento" dell'azienda, lo studioso italiano ha
pubblicato tutta la corrispondenza con Roche. La storia cominciò a diffondersi, furono anche alcuni cronisti inglesi (
Tom Clarke della rete
Channel4) che provarono a trovare un punto di contatto tra l'azienda e gli studiosi ma niente, non ci fu verso di rendere disponibili quei dati (l'azienda rispose anche che i dati li aveva forniti a sufficienza, sia alla FDA che all'EMA, le agenzie sui farmaci statunitense ed europea). Nel 2009 l'azienda invia una
risposta "
punto per punto" al BMJ nella quale confutava, a suo dire, ogni dubbio ma
continuando di fatto a
nascondere i dati richiesti.
Si riuscì comunque a consultare alcuni dei dati che avrebbero dovuto fornire prove sull'efficacia del Tamiflu ma queste prove non erano così evidenti, anzi, di fronte ad un beneficio molto
limitato (circa 1 giorno in meno di malattia rispetto al placebo) vi erano forti sospetti di effetti collaterali (assieme ad alcune segnalazioni poco attendibili ne esistevano altre particolarmente preoccupanti), in particolare l'allarme dei medici si basava su gravi effetti di tipo neuropsichiatrico che inizialmente erano stati imputati alle conseguenze dell'influenza ma che con i sintomi dell'influenza non hanno nulla a che vedere. Il punto principale comunque era proprio l'
efficacia del farmaco.
Arriviamo ai giorni nostri.
Un divulgatore scientifico molto noto in Gran Bretagna (per me un vero mito),
Ben Goldacre, dopo aver smascherato ciarlatani, alternativi, omeopati ed imbonitori, pubblica un libro sui "trucchi" delle aziende farmaceutiche e racconta la storia del Tamiflu.
Questo fa conoscere la storia al pubblico e nel frattempo il BMJ assieme ad altri scienziati, divulgatori e medici,
iniziano una battaglia per l'accesso libero e pubblico dei dati riguardanti un farmaco. Alla campagna si unisce la Cochrane e persino alcune aziende farmaceutiche si dicono disponibili a sottoscrivere l'impegno, anche l'
EMA (Agenzia europea del farmaco) si è
occupata della storia creando un gruppo di lavoro apposito e dicendosi convinta che l'accesso libero ai dati delle sperimentazioni sia un passo ormai inevitabile. Il BMJ ha chiesto
chiarimenti anche all'
OMS che ha ribadito di essersi occupato della vicenda commissionando degli studi sull'efficacia del farmaco che presto saranno pubblicati. Come si vede non si tratta di una storia "nascosta" o "secondaria", qui entrano in gioco le maggiori autorità mediche del mondo e tutte convergono su un'unica conclusione: i dati degli esperimenti sui farmaci devono essere pubblici e quelli sul Tamiflu, venduto come farmaco utile e costato milioni a diversi governi devono essere forniti o l'azienda produttrice si dimostrerebbe scorretta, anche se già l'atteggiamento mantenuto finora non può che definirsi
sospetto.
La storia in Italia è poco nota, da noi è arrivata solo per l'attività di Tom Jefferson, ma ora è giunto il momento di renderla pubblica. Visto l'argomento sarebbe giusto sentire anche l'altra campana. Così ho scritto alla Roche Italia per ottenere o i documenti richiesti o almeno una risposta, ecco la mia mail:
Gentile Roche s.p.a.,
sono un medico che si occupa anche di divulgazione scientifica e medica sul web e sugli altri mezzi di informazione.
Vi
contatto per ottenere, se possibile, tutta la documentazione a vostra
disposizione relativa al profilo di efficacia e sicurezza del Tamiflu,
farmaco da voi prodotto e distribuito (oseltamivir). Ho già la scheda
tecnica del farmaco e la letteratura disponibile su Medline.
Sto
conducendo un'inchiesta sulla vicenda che ha avuto molto risalto in Gran
Bretagna (mi riferisco a questo: http://www.bmj.com/tamiflu) e che sto
seguendo ed oltre all'interesse professionale personale (sono medico
ospedaliero) e da consumatore, necessito di informazioni per motivi
divulgativi e per sentire la vostra opinione in merito sulla discussione
che attualmente sta coinvolgendo la vostra azienda, il BMJ (British
Medical Journal), l'EMA, la Cochrane e diversi soggetti interessati a
vario titolo. Mi farebbe piacere conoscere la posizione di Roche Italia.
Considerato che dovrò giungere a conclusioni riguardanti l'argomento
che possono avere parecchio risalto sui media, ritengo opportuno e
corretto rivolgermi a Voi sia per sentire la vostra versione che per
ottenere notizie che eventualmente non sono disponibili sul web. Appena
ricevuto il materiale ne terrò debito conto quando concluderò il lavoro
che ho appena iniziato.
Darò notizia anche di questa comunicazione e dell'eventuale risposta.
Sicuro di un riscontro e ringraziandovi in anticipo, porgo cordiali saluti.
Dott. Salvo Di Grazia.
Sito web: http://medbunker.blogspot.it
Questo è quello che ho scritto alla Roche Italia s.p.a., la loro risposta è stata la seguente:
silenzio assoluto.
La richiesta di chiarimenti è stata inviata il 02/12/2012.
Nessuna risposta, ribadisco, da parte di Roche Italia.
L'azienda ha il dovere di rispondere a qualsiasi cittadino, a
prescindere dall'eco che avrebbe un'eventuale risposta e quindi prendiamola così, la Roche non ha risposto ad un privato cittadino che è anche medico ed in questa veste prescrive anche i suoi farmaci.
La mancata risposta della
Roche quindi è per me da considerare un silenzio ufficiale nei confronti
di un medico e di un cittadino qualsiasi.
Se la risposta
arrivasse ora, visto che la notizia probabilmente si diffonderà anche in
Italia, è già condizionata, qualsiasi essa sia.
Credo
siamo solo all'inizio della vicenda, che seguirò, ma tutto questo ha un
unico significato: un'azienda che produce farmaci chiede ai medici ed ai
cittadini di fidarsi e noi ci fidiamo assumendo le loro medicine. Non
può quindi non fidarsi di chi vuole controllarla. La trasparenza è più
di un dovere per un'azienda ed è un diritto di chi dall'azienda acquista
i prodotti per la propria salute, a prescindere dai risultati degli studi sul Tamiflu quindi, la Roche si è già macchiata di poca trasparenza (e scorrettezza, la chiusura nei confronti di chi vuole controllare l'ho toccata con mano, almeno da cittadino).
A questo punto non resta che un'altra possibilità, la vicenda merita di essere nota a più persone possibili, ai medici ed ai pazienti, ovvero a coloro che fanno
vivere l'azienda produttrice del Tamiflu, proviamo a
diffonderla ed
a far capire all'azienda che produce i farmaci che compriamo (da
pazienti) e prescriviamo (da medici) che se non si fida di noi, noi non ci fideremo di lei e quindi potrebbe succedere che i pazienti ed i medici non si affidino più ai suoi farmaci, un'iniziativa personale ma che gioverebbe a tutti.
La
proposta arriva anche da
Peter Gøtzsche, componente della Cochrane di Copenhagen:
boicottaggio, dice. Non faccio mai nomi di farmaci per
motivi di correttezza ma forse è bene che ciascuno di noi li conosca, può essere utile quindi una lista dei farmaci Roche venduti in Italia:
questi.
Ribadisco l'appello ai colleghi, ne va anche del nostro lavoro e della nostra credibilità ed ai pazienti, in farmacia ricordatevi di
Roche.
Aggiornerò e seguirò la vicenda passo per passo, personalmente terrò conto di questo comportamento tenuto dalla Roche quando dovrò scegliere i farmaci da prescrivere e fino a quando l'azienda non cambierà atteggiamento dimostrandosi corretta, affidabile ed onesta.
Dite che è un argomento abbastanza convincente?
Alla prossima.
Note: Il BMJ si occupa della vicenda
qui.
Media release, Basel, 7 November 2005.
www.roche.com/med-cor-2005-11-07.