Vi racconterò una storia che forse qualcuno di voi già conosce.
L'adrenoleucodistrofia (ALD) è una malattia genetica neurologica di "recente" identificazione. Solo nel 1923 due scienziati riuscirono a ricostruire ed identificarne i sintomi inquadrandoli in un'unica entità anche se successivamente si scoprirono diverse varianti. La malattia è caratterizzata dalla progressiva distruzione della mielina, una sostanza che ricopre la maggioranza dei tessuti nervosi dell'organismo e che aiuta e "dirige" la propagazione degli impulsi nervosi.
La distruzione di questa sostanza causa quindi l'impossibilità da parte dei tessuti nervosi di condurre gli impulsi e farli giungere dove dovrebbero, causando una progressiva disabilità che porta a gravissime conseguenze (cecità, mutismo, paralisi) anche letali.
La malattia è incurabile. Esistono dei rimedi che migliorano la sintomatologia, che procurano sollievo temporaneo ma il danno alla mielina, avendo origine genetica, non è riparabile.
Il difetto genetico porta ad un errore nel metabolismo dei cosiddetti acidi grassi a catena molto lunga (VLCFA, ovvero Very Long Chain Fat Acids) che normalmente si svolge in organuli presenti nelle nostre cellule chiamati perossisomi nei quali avvengono le reazioni che degradano questa classe di acidi grassi e che nel caso della malattia sono malfunzionanti. Il mancato metabolismo dei VLCFA porta ad un loro accumulo nell'organismo che a sua volta causa la distruzione progressiva della mielina descritta.
Come detto la malattia oggi è incurabile e naturalmente lo era negli anni '80 quando nacque un bambino, Lorenzo Odone, affetto dalla terribile malattia.
I primi sintomi di ALD arrivarono già in tenerà età (com'è tipico) e la preoccupazione dei genitori del bimbo, Augusto Odone e Michaela Murphy, divenne disperazione quando gli fu comunicata la diagnosi. I disturbi del loro bambino, già gravi, erano destinati a peggiorare e condurlo in breve tempo alla morte.
Non credo esista amore più forte di quello che può provare un genitore per il proprio figlio ed è vero che si darebbe la vita pur di risolvere un suo problema e la vicenda della famiglia Odone lo dimostra e fa riflettere per alcuni risvolti della storia.
Augusto e Michaela non si scoraggiarono.
Consultati diversi specialisti che davano sempre lo stesso responso, decisero di dedicarsi in maniera totale al problema.
Consultati diversi specialisti che davano sempre lo stesso responso, decisero di dedicarsi in maniera totale al problema.
Augusto iniziò un pellegrinaggio da un'università all'altra (la famiglia viveva negli Stati Uniti per lavoro), consultò la letteratura scientifica, gli studi, le ricerche più attendibili.
Arrivò ad organizzare con mezzi propri persino dei meeting nei quali gli specialisti più accreditati potessero scambiarsi opinioni ed ipotesi ma c'era un macigno insormontabile: come risolvere una malattia di origine genetica? Impossibile.
Ero scioccato, terrorizzato, era come una sentenza di morte. Così chiesi al medico che aveva fatto la diagnosi se potevo leggere gli studi scientifici che parlavano della malattia, mi rispose: "...non preoccuparti, non li capiresti".
Eppure Augusto non si arrese. Continuò a studiare la malattia, a cercare e girare per gli ospedali e le università e basti pensare ad un'epoca, gli anni '80, nella quale le ricerche bibliografiche e di letteratura non erano così semplici da fare, oggi era di internet con un click si può raggiungere qualsiasi istituzione medica, in quegli anni bisognava recarsi personalmente nelle varie biblioteche.
Augusto così iniziò a farsi un'idea precisa delle cause, dei sintomi, delle ricerche in corso e delle cure disponibili per fermare la terribile sofferenza del figlio. Alla fine della sua ricerca ebbe un'idea che gli scaturì da una semplice osservazione: quei grassi che si accumulavano nell'organismo del figlio erano distrutti dall'acido oleico, un componente del comune olio d'oliva e questo quindi poteva, se non guarire, almeno migliorare la malattia del figlio.
Augusto così iniziò a farsi un'idea precisa delle cause, dei sintomi, delle ricerche in corso e delle cure disponibili per fermare la terribile sofferenza del figlio. Alla fine della sua ricerca ebbe un'idea che gli scaturì da una semplice osservazione: quei grassi che si accumulavano nell'organismo del figlio erano distrutti dall'acido oleico, un componente del comune olio d'oliva e questo quindi poteva, se non guarire, almeno migliorare la malattia del figlio.
Che un profano (la famiglia Odone non aveva alcuna preparazione medica) avesse trovato un modo di curare una malattia grave e soprattutto di origine genetica, fece storcere il naso a parecchie persone. I medici ai quali Augusto chiedeva pareri erano scettici, alcuni anche pensantemente avversi ad una cura tanto semplice quanto inusuale e mai ipotizzata da un'istituzione scientifica, ma Augusto ancora di più non si arrendeva.
Dopo vari tentativi con diversi specialisti neurologi, il signor Odone si rivolse ad uno dei più importanti studiosi della materia dell'epoca, Hugo Moser, pediatra e neurologo di origine svizzera che lavorava alla Harvard University, incontro fatale e segnato dal destino visto che proprio il professor Moser aveva inventato nel 1981 l'eame del sangue che diagnosticava la malattia, fino a quell'anno ipotizzata solo in base ai sintomi: fu proprio il test inventato da Moser che aveva fatto la diagnosi su Lorenzo.
Moser non si mostrò particolarmente stupito dalle idee di Augusto Odone, uomo aperto di mente e talmente noto da non aver particolari "obblighi" nei confronti del mondo accademico, incoraggiò Augusto e lo aiutò a sviluppare e perfezionare la sua idea dell'olio curativo ma lo mise in guardia perchè l'assenza di sperimentazioni e di prove sulla sua efficacia non permettevano un impiego sicuro sui malati, gli effetti però sembravano esserci:
"L'olio di Lorenzo diminuiva gli acidi grassi come nessun altro rimedio che si usava in medicina, siamo stati davvero stupidi a non tenerne conto"
Moser prese a cuore la vicenda di Lorenzo e propose alla famiglia del ragazzo di provare una terapia immunosoppressiva (che diminuisce la reazione immunitaria del corpo umano) che aveva portato ad alcuni miglioramenti in un gruppo di malati studiati nel suo istituto.
Augusto non accettò ed anzi questo episodio diventò origine di attrito ed incomprensione tra i due, tanto da costringere la famiglia Odone ad interrompere la collaborazione con lo studioso americano.
Moser allora fece una proposta: chiese ad Augusto un aiuto per organizzare un congresso che trattava proprio di adrenoleucodistrofia, sarebbero stati ospitati importanti esperti ed Augusto avrebbe potuto presentare la sua idea confrontandosi con gli scienziati più accreditati del momento. Quando uno di quegli scienziati presentò la sua relazione che ipotizzava l'uso di acido oleico per migliorare i sintomi della malattia, Augusto ebbe un sussulto, si stavano avvicinando alla sua stessa ipotesi, forse era la strada giusta.
Dopo qualche mese gli studi sull'integrazione di acido oleico nei malati di ALD si moltiplicarono. Molti esperimenti in laboratorio mostravano che quest'olio, in "vitro" (cioè "in provetta") diminuiva effettivamente la quota di VLCFA nel sangue di malati di ALD.
Moser allora fece una proposta: chiese ad Augusto un aiuto per organizzare un congresso che trattava proprio di adrenoleucodistrofia, sarebbero stati ospitati importanti esperti ed Augusto avrebbe potuto presentare la sua idea confrontandosi con gli scienziati più accreditati del momento. Quando uno di quegli scienziati presentò la sua relazione che ipotizzava l'uso di acido oleico per migliorare i sintomi della malattia, Augusto ebbe un sussulto, si stavano avvicinando alla sua stessa ipotesi, forse era la strada giusta.
Dopo qualche mese gli studi sull'integrazione di acido oleico nei malati di ALD si moltiplicarono. Molti esperimenti in laboratorio mostravano che quest'olio, in "vitro" (cioè "in provetta") diminuiva effettivamente la quota di VLCFA nel sangue di malati di ALD.
Augusto aveva un'idea simile ma con una piccola differenza: assieme all'acido oleico doveva essere utilizzato l'acido erucico, derivato dall'olio di colza.
Gli studi proseguirono ma Augusto non aveva tempo di aspettarne i risultati: suo figlio peggiorava visibilmente.
Decise così di iniziare questa integrazione.
Decise così di iniziare questa integrazione.
Quell'olio così prese proprio il nome del ragazzo, Lorenzo, l'olio di Lorenzo. Tutta questa determinazione servì qualcosa: alcune delle capacità ormai perdute ebbero un lievissimo miglioramento, Lorenzo si esprimeva con il battito delle palpebre e questo era il suo unico contatto con il mondo esterno e quando sembrava che questa sua possibilità fosse giunta ormai alla fine perchè così era successo a tutte le altre persone colpite dalla malattie, con sorpresa si scoprì che per anni rimase integra permettendo a Lorenzo di interagire con il mondo intorno a lui.
Non guarì (sarebbe stato troppo, probabilmente, anche per le speranze di Augusto) ma la progressione dei sintomi rallentò notevolmente. Lorenzo non aveva futuro, per la scienza, la medicina e per le conoscenze dell'epoca non poteva sperare in nulla ma la speranza che suo padre gli costruì gli consentì di avere un presente.
Dalla vicenda fu tratto anche un bellissimo film nominato persino ai Golden Globe ed agli Academy Awards.
Il film termina con Lorenzo che recupera alcune sue funzioni e specifica che la storia non è finita, servono ancora tante ricerche.
La vicenda reale invece non ha un lieto fine, non è un film purtroppo ma è sicuramente rappresentativa.
Lorenzo morì qualche anno dopo per una complicanza dovuta proprio alla sua malattia. Augusto ha creato una fondazione (Progetto Mielina) che si occupa proprio della malattia che colpì il figlio ed ha ottenuto la laurea in medicina ad honorem dall'università di Stirling.
La malattia in genere ha un decorso rapido ed ingravescente, la maggioranza degli individui colpiti non superano l'adolescenza o i venti anni d'età nella migliore delle ipotesi, Lorenzo ha resistito fino a 30 anni.
Gli studi come detto proseguirono e qualcosa si ottenne. Per quanto riguarda il miglioramento dei sintomi della malattia conclamata si è giunti alla conclusione che non vi è particolare risultato, nessun miglioramento significativo in nessuno stadio della malattia. C'è però una piccola vittoria. Parecchi studi (alcuni condotti anche dallo stesso Augusto Odone tramite la sua fondazione) hanno dimostrato che in uno stadio della malattia molto precoce, quello che ancora non vede comparire nessun sintomo (ma diagnosticabile tramite appositi esami), un'integrazione con l'olio di Lorenzo ha un effetto significativo nel ritardare la comparsa di quei sintomi tanto temuti. Oggi quell'olio è in vendita ed è sostenuto dalla fondazione del papà di Lorenzo.
Attualmente la terapia è sintomatica ma vi sono buoni risultati con il trapianto di midollo (che però necessita di difficili ricerche di compatibilità tra donatore e ricevente) e si sta studiando la terapia genica con risultati promettenti .
C'è poco da commentare e lascio ad ognuno di voi le considerazioni che vorrete, di sicuro la storia di Lorenzo è un monito per tutti ed un bell'esempio di determinazione ed amore.
Alla prossima.
Mia mamma mi fece vedere il film quando ero una ragazzina, mi ha colpito moltissimo e con gli anni sono poi andata a cercare le informazioni specifiche del caso...
RispondiEliminaE' davvero una bella storia...
Mai come oggi abbiamo bisogno di una storia di speranza per il futuro...
Grazie Doc.
Francesca
Vidi il film da piccolo. Molto molto bello ed istruttivo.
RispondiEliminaAl termine dell'articolo mi rimane un senso di... come posso dire... inadeguatezza?
Si, inadeguatezza... Da una parte gente che fa di tutto per salvare una vita, contro la scienza accademia & Co, in nome dell'amore per la persona.
Dall'altra, gente che fa di tutto per cercare di sopprimere una vita, in nome dell'amore per la persona.
Non voglio sollevare questioni morali o etiche, solo far notare come le 2 cose... mmmh... stridono?
Una storia molto bella, ricordo di aver visto il film che mi colpì molto.
RispondiEliminaNon ho capito però una cosa nell'articolo: tu scrivi: in uno stadio della malattia molto precoce, quello che ancora non vede comparire nessun sintomo (ma diagnosticabile tramite appositi esami) ma se non ci sono ancora sintomi, come fa uno a sapere se il figlio è malato? Penso che non si tratti di esami comuni, quindi perchè dovrebbero essere prescritti se non ci sono sintomi?
Scusa la pignoleria!
Penso che non si tratti di esami comuni, quindi perchè dovrebbero essere prescritti se non ci sono sintomi?
RispondiEliminaPer esempio in caso di "familiarità" per la malattia o su richiesta o per motivi sperimentali. Sono diverse le malattie genetiche che si possono diagnosticare anche alla nascita. Un esempio possono essere la "sindrome dell'X fragile" o la "fibrosi cistica", non deve esserci un motivo preciso per richiedere l'esame. E' anche vero che si tratta di esami molto costosi (e non eseguibili come screening "di massa").
Ok grazie per la spiegazione!!!
RispondiEliminaLa storia dimostra che, senza tanti ricorsi a ciarlatani vari, dei genitori disperati, ma amorevoli, possono trovare la forza e le soluzioni per combattere per il proprio figlio, senza tanto bisogno di mistificazioni. Normali i primi tentennamenti del mondo accademico, ma da qui a parlare di complotto ce ne passa, e infatti questa bellissima storia dimostra una volta in più che, quando una cosa funziona, la scienza le sa dare il giusto peso. Un esempio da tenere a mente.
RispondiEliminaSono davvero felice che tu abbia pubblicato questo articolo. A presto.
Storia bella, e finalmente una storia "al contrario", con il rimedio miracoloso che è veramente miracoloso e la scienza che per una volta, almeno nella fase iniziale, ha torto e si dimostra chiusa alle novità.
RispondiEliminaMa, e c'è un ma, capisco l'amore del padre per Lorenzo, e magari Lorenzo non avendo mai avuto una vita "normale" (se non da piccolissimo), può anche essere stato contento di essere sopravvissuto fino a trent'anni con l'unica peculiarità di poter battere gli occhi, ma in questi casi mi piacerebbe che fosse sempre indicata e rispettata la volontà del malato.
Se la volontà di quel ragazzo era di rimanere in vita è giusto che sia stata rispettata la sua scelta fino alla fine, come per un altro malato lo è la scelta di porre fine a quella che considera una non-vita.
RispondiElimina@elragno
RispondiEliminaCon una persona che può solo battere le palpebre e unici "traduttori" gli stessi genitori come la accerti la volontà? Telepatia?
Se non sbaglio la capacità di muoversi e parlare viene, purtroppo, persa molto molto presto da chi è colpito da questa malattia... quindi determinarne la reale volontà mi sembra parecchio difficile.
Personalmente per questa, come per altre patologie, spero che le terapie geniche raggiungano PRESTO un alto grado di sicurezza e diffusione.... e che i vari "talebani" non la facciano vietare perchè "perfida eugenetica".
Come sempre complimenti, una bella storia, non conoscevo il film e lo cercherò.
RispondiEliminaRefusino:
"Tutta questa determinazione servì qualcosa"
manca una a immagino.
Saluti!
@Senjin,
RispondiEliminaCon le dovute accortezze, penso che battere le palpebre è un sufficiente per comunicare. Basta mettersi d'accordo tra malati e care-givers, per esempio imparando tutti il codice Morse.
@Senjin:
RispondiEliminaMi pare, ma non ne sono certo, che esistano computer in grado di registrare il codice morse fatto dal malato con le palpebre, tradurlo e trascriverlo quasi istantaneamente su uno schermo. Se fosse stato impossibilitato a qualsiasi movimento ti avrei dato ragione, ma finchè si può muovere anche solo una palpebra o un dito si può comuicare con il malato.
@Senjin
RispondiEliminaSi comunica eccome, pur se attraverso un lungo e faticoso training. Ti consiglio di vedere il film "Lo scafandro e la farfalla".
bye G.L.
Sono diverse le malattie genetiche che si possono diagnosticare anche alla nascita
RispondiEliminaC'è un senso invece quando si cerca di diagnosticare malattie genetiche prima della nascita (a parte una eventuale interruzione)? O meglio ha senso spendere dei soldi per qualcosa su cui mi sembra di capire nulla si può fare?
C'è un senso invece quando si cerca di diagnosticare malattie genetiche prima della nascita?
RispondiEliminaSì, nei limiti del possibile (non si possono diagnosticare o ricercare TUTTE le malattie generiche esistenti).
Alcune ricerche specifiche di queste malattie (fibrosi cistica) non aggiungono costi particolari al già costoso esame dell'amniocentesi.
Inoltre, soprattutto per le malattie metaboliche, è possibile cominciare dei trattamenti già durante la vita intrauterina del feto o in ogni caso molto precocemente dopo la nascita (senza aspettare l'eventuale diagnosi che chiaramente arriverà al manifestarsi dei primi sintomi, quindi spesso dopo alcuni anni).
Quando si conosce la diagnosi di emofilia prima della nascita si provede a tutelare il bimbo facendolo nascere in sede idonea, dove può essere trattato con adeguata terapia infusiva sin da subito. Inoltre, per evitare lesioni dovute al passaggio nel canale del parto, si cesarizza elettivamente . Queste precauzioni possono cambiare il destino del bimbo
EliminaLa comunicazione attraverso il battito delle palpebre mi fa venire in mente il padre di uno dei protagonisti del Conte di Montecristo che riusciva a comunicare appunto con il battito delle palpebre.
RispondiEliminaMi viene in mente il grande Stephen Hawking che, tramite di un sintetizzatore vocale e un computer, riesce a comunicare con i movimenti della guancia
Peccato che il film tratto da queta videnda abbia un finale edulcorato. Pochissime persone si documentano dopo aver visto un film o letto un romanzo.
RispondiEliminaSono un malato di mielite, scoperta la malattia a 34 anni, ebbi un ictus e stavo paralizzandomi, per mesi i dottori non sapevano cosa avessi e alla fine ne trovai uno con una capacità di amore verso il prossimo non comune, grazie al quale venni finalmente ricoverato, ad oggi sto abbastanza bene, ma ho capito come già immaginavo che i Dottori Non ti possono aiutare più di tanto, non sono degli dei loro hanno i loro studi e i loro tempi che non corrispondono ai nostri a volte
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