Il meeting 2010 dell'AACR (American Association for Cancer Research), l'associazione americana per la ricerca sul cancro (corrispondente alla nostra AIRC) ha fatto il punto sulle terapie antineoplastiche, sui risultati e sui punti oscuri della ricerca sul cancro.
Gli argomenti sono stati tantissimi e molti sono complicati (soprattutto quelli riguardanti le terapie geniche, complicate anche per un medico non specialista in questo campo). Invece di elencare argomenti e termini troppo lontani da ciò che è comprensibile a tutti ho pensato di linkare e riassumere un video che la stessa AACR ha prodotto per lanciare il meeting.
Si tratta di una veloce carrellata di argomenti e numeri, alcuni deprimenti, altri esaltanti.
Molto riguarda la ricerca che, se da un lato ha bisogno di fondi enormi, dall'altro sta prepotentemente avanzando.
Il video originale è in inglese e tradurlo servirebbe a poco visto che ampie parti delle notizie sono di interesse esclusivo per gli Stati Uniti (i costi delle assicurazioni, i crack del sistema sanitario di quel paese), ho preferito quindi riassumere in sequenza lampo e telegrafica i punti più interessanti per farsi un'idea ed eventualmente commentare.
Per chi naturalmente volesse vedere ugualmente il video (di cinque minuti, con tanto di sottofondo techno-house), eccolo qui:
Il video si intitola It's Our Time (E' il nostro momento).
- Sono 11,4 milioni i sopravvissuti dal cancro negli USA, 1,6 milioni di loro sopravvivono da più di 20 anni.
- 1 americano su 1000 è un sopravvissuto ad un tumore pediatrico
- Sopravvivenza (a 5 anni) dalla leucemia linfoblastica acuta pediatrica negli anni:
- 1966: 10%
- 1974: 25%
- 1984: 42%
- 1998: 64%
- 2010: 85%
- Farmaci che in questo momento sono arrivati alla fase prevendita 850.
- Nuovi farmaci antitumorali approvati negli USA nel 2009: 4.
- Ogni anno il cancro uccide nel mondo più persone che AIDS, Tubercolosi e Malaria assieme.
- Morti di cancro negli Stati Uniti nel 2009: 560.000 persone, più di quante persone morirebbero se precipitassero 3 Boeing 747 al giorno.
- Un fumatore (20 sigarette al giorno) acquisisce una mutazione genetica ogni 15 sigarette fumate.
- Anni di vita salvati se tutti facessero una colonscopia: 600.000
- Una cellula media di melanoma cutaneo contiene più di 30.000 mutazioni puntiformi (un tipo di mutazione genetica, ndr).
Il lato amaro di questi numeri comprende alcune cifre che fanno riflettere. E' sempre più evidente il ruolo dei geni nell'insorgenza dei tumori. Uno degli aspetti della lotta al cancro più studiati ultimamente (oltre 17.000 citazioni nella letteratura scientifica) si chiama p53, è una proteina che ha il ruolo di sopprimere le cellule tumorali nascenti riuscendo a riparare anche il DNA danneggiato e la sua funzione è controllata dai nostri geni, ebbene la FDA (l'organismo che controlla ed approva i farmaci negli USA) nel 2009 non ha approvato nemmeno una terapia riguardante il p53. Stessa cosa per le mutazioni del cosiddetto gene K-RAS coinvolto nella genesi del cancro del colon-retto, studiatissimo (oltre 10.000 citazioni) ma nessun farmaco approvato nel mondo.
- Il 1° gene tumorale umano (un gene presente in una cellula tumorale) fu isolato (fu "scoperto" quindi) nel 1982, oggi ne conosciamo quasi 500.
- Il 1° genoma intero di una cellula tumorale (l'intero corredo genetico di un tumore praticamente, scoperta, fondamentale) fu descritto nel 2008, oggi ne conosciamo più di 100.
- Il costo per studiare la sequenza di geni di una cellula è oggi attorno ai 50.000 dollari.
Da questi numeri possiamo capire come la ricerca sia andata avanti a passi incredibilmente veloci ma più ci addentriamo nella cellula più i passi si fanno complicati, costosi e difficili da interpretare. Per questo, nonostante tutto, la ricerca resta ancora la strada migliore per provare a scoprire la chiave del cancro. Il caso, la fortuna o i tentativi servono e spesso sono decisivi ma bisogna continuare a cercare, studiare, approfondire.
Il corrispondente italiano dell'AACR è la nostra AIRC (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro) che accetta donazioni.
Vi trasmetto una esperienza personale: è arrivato nel reparto dove lavoro un ecografo (strumento utilissimo per fare diagnosi) donato proprio da un'associazione nazionale (importante) ONLUS di ricerca tumorale (non la cito per rispetto delle altre associazioni). Questo per dire come le donazioni ad associazioni importanti sono realmente utilizzate ed i soldi raccolti arrivano dove devono arrivare. Giusto per chiarezza, l'ecografo donato costa qualcosa come ottantamila euro circa...
Alla prossima.
nel 2009 non ha approvato nemmeno una terapia riguardante il p53
RispondiEliminaNo dai, voglio essere possibilista, sicuramente è solo perché non sono finiti i trials clinici per l'approvazione dei farmaci o delle terapie che riguardano p53... Ti prego, dimmi che è così, perché io lo so dal 2001 (terzo anno di università) che cos'è p53 e a cosa serve, annessi e connessi tumorali inclusi, non è possibile ignorare quella proteina, stessa cosa per Ras e le MAP-kinasi varie. Vero che è solo per quello?
edit: 2002, terzo anno
RispondiEliminae sarebbe da aggiungere: considerato che la gran parte dei tumori (80%) insorge dopo i 65 anni, non deve affatto stupire che non sia più alta la sopravvivenza a 20 anni -la vita media negli USA è 78 anni.
RispondiEliminacomunque pubmed per p53 mi da' 53528, non 17k :P
Per motivi personali, in questi giorni le statistiche circa la sopravvivenza ( o meno) al cancro hanno per me un interesse particolare.
RispondiEliminaUna statistica che mi interesserebbe parecchio, ma che non sono riuscito a trovare da nessuna parte, è questa: se il cancro non esistesse, o se fosse facilmente curabile a qualsiasi stadio, di quanto si allungherebbe la vita media dell'uomo? E' calcolabile, una cosa del genere?
se il cancro non esistesse, o se fosse facilmente curabile a qualsiasi stadio, di quanto si allungherebbe la vita media dell'uomo? E' calcolabile, una cosa del genere?
RispondiEliminaNon so se esista una statistica del genere...mai trovata in effetti.
E' però calcolabile e mi sembra pure in maniera non troppo difficile (credo, ma non sono uno statistico). "Basterebbe" conoscere i dati di mortalità totale, sottrarre quella della mortalità per cancro ed ottenere la sopravvivenza media. A quel punto basta confrontarla con quella attuale.
Credo che comunque la vita media non cambierebbe in maniera eclatante ma solo di pochi anni, poichè la maggioranza dei tumori (e soprattutto l'età media che ormai si raggiunge *anche* se si ha un tumore) insorgono in età avanzata.
Ma è una mia ipotesi a freddo.
E allora?
RispondiEliminaNon sono un troll, e non intendo provocare nessuno. Ma nell’ultimo paio di mesi, non ho in pratica fatto altro che pensare a queste cose, mentre cercavo – per quanto questo sia possibile – di aiutare un amico fraterno, che ha la mia stessa età (65), a prepararsi a morire per un tumore al pancreas (è ormai questione di giorni).
Accettare la propria mortalità è certo il compito più difficile che un uomo debba affrontare, particolarmente poi quando la morte non è un vago concetto proiettato in un futuro più o meno lontano, ma una presenza concreta e vicinissima. Un conto è pensare “nel 3057, probabilmente non ci sarò più”, e un altro è dirsi, “a giugno, sarò morto”. E sono anche convinto che nessuno, se gliene fosse offerta la possibilità, saprebbe rinunciare a qualche anno, qualche mese, qualche settimana in più.
E pure, bisogna morire. E allora?
So sin troppo bene come il cancro in età giovanile possa essere una tragedia. Ho visto un altro amico fraterno andarsene a meno di trent’anni, disperato di non poter avere almeno un altro paio di settimane per veder nascere suo figlio. Ma quando ci avviamo comunque alla fine del tempo che ci è dato, visto che la maggior parte dei tumori insorgono dopo i 65 anni, e visto che il processo di invecchiamento è comunque inarrestabile, ha davvero un senso esultare perchè la scienza sta riuscendo a strappare al cancro qualche anno in più, e rammaricarsi perchè questo non è ancora possibile per tutti i tipi di tumore? Fa davvero tanta differenza, morire di cancro a 65-70 anni (a parte i dolori, ma per quelli c’è la morfina), oppure per completo degrado fisico a 80-85?
Non sto certo dicendo che siccome la medicina non è in grado di renderci immortali, allora è inutile, nè intendo suggerire che tanto varrebbe introdurre l’eutanasia obbligatoria al termine dell’età lavorativa (anche se temo che la nostra società ci arriverà davvero, ma questo è un altro discorso). Mi chiedo solo se la rimozione della coscienza dell’inevitabilità della morte, che pure è un meccanismo psicologico importantissimo per consentirci di vivere la nostra vita in relative tranquillità, non ci porti a volte ad assumere posizioni irrazionali.
Non sono un troll, e non intendo provocare nessuno.
RispondiEliminaEh? Io non leggo provocazioni...
Accettare la propria mortalità è certo il compito più difficile che un uomo debba affrontare
Probabilmente non è il compito più difficile perchè raramente ci soffermiamo a pensare che la morte sia un evento reale e possibile per tutti noi. Diventa difficile quando tocchiamo il concetto di morte con mano.
E' anche vero che "vivere" attendendo la morte sarebbe il modo peggiore di trascorrere questo nostro passaggio nel mondo.
ha davvero un senso esultare perchè la scienza sta riuscendo a strappare al cancro qualche anno in più, e rammaricarsi perchè questo non è ancora possibile per tutti i tipi di tumore?
Questo sta ad ognuno di noi dirlo. Per me ha un senso, non esultare ma accontentarsi. Un giorno in più nella vita di qualcuno che sta per lasciarci può diventare la ragione per rendere quell'abbandono meno doloroso possibile. Per questo non giudico un fallimento riuscire a donare un anno di vita a chi quell'anno lo avrebbe perso per malattia.
Fa davvero tanta differenza, morire di cancro a 65-70 anni (a parte i dolori, ma per quelli c’è la morfina), oppure per completo degrado fisico a 80-85?
Quando è "giusto" morire? Se lo chiedessimo all'arzillo signore ottantenne che ancora ha una vita attiva e cosciente probabilmente non si sentirebbe un "fortunato". Morire a 40 anni o a 80 anni non è "ingiusto" per chi ci lascia ma per chi rimane e non ha potuto dire tutto quello che avrebbe voluto dire.
Mi chiedo solo se la rimozione della coscienza dell’inevitabilità della morte, che pure è un meccanismo psicologico importantissimo per consentirci di vivere la nostra vita in relative tranquillità, non ci porti a volte ad assumere posizioni irrazionali.
Noi non abbiamo coscienza della morte, nessuno ce l'ha, la morte esiste per chi resta, come ho detto. Chi vive può avere paura della morte ma nel momento stesso che la morte ti coglie, la paura svanisce.
Il comportamento più razionale quindi sarebbe quello di vivere ogni istante della propria vita ed aggiungo ogni istante di quello spettacolo che è la vita, sapendo che è quello il significato di tutto il resto, la morte è solo un sipario che si chiude e l'attore non è più attore perchè lo spettacolo è finito.
A chi resta, la possibilità di applaudirlo.
visto che la maggior parte dei tumori insorgono dopo i 65 anni, e visto che il processo di invecchiamento è comunque inarrestabile, ha davvero un senso esultare perchè la scienza sta riuscendo a strappare al cancro qualche anno in più, e rammaricarsi perchè questo non è ancora possibile per tutti i tipi di tumore?
RispondiEliminaAnch'io spesso mi pongo questa domanda e non solo sulla cura dei tumori, ma sulla medicina in generale. Ho conosciuto persone che, pur anziane e malate, mi hanno dato tanto. Il professore che mi ha insegnato veramente a tradurre il latino e il greco e che mi ha trasmesso l'amore per l'epoca classica aveva ormai più di settantacinque anni e viveva grazie alle più recenti scoperte della farmacopea ed alla meticolosa assistenza dei medici. Egli ha dato molto a me e a tanti altri giovani amici che frequentavano casa sua, attratti dalla biblioteca e dalla sua profonda cultura. Certo, in molti altri casi l'allungamento della vita non è sostenuto da un estendersi della qualità della vita. Penso ai casi di morbo di Alzheimer, gravissimi ictus cerebrali ecc... che purtroppo tutti conosciamo, almeno nei sintomi e nelle conseguenze. Per questo penso che stia alla libertà di ognuno decidere quando porre termine alla propria esistenza, stabilire il limite tra vita accettabile e non. Personalmente non riuscirei a concepire la mia vita biologica senza una soddisfacente attività intellettuale e senza la piena facoltà di comunicare con gli altri e penso che la soglia dell'accettabilità della sofferenza vada definita personalmente nelle situazioni reali, mentre le vivi. Tutti dovremmo poter laicamente riflettere ed esprimerci su questi passi importanti e far si che le nostre volontà vengano rispettate. Non per questo però mi nego la possibilità di gioire quando la scienza progredisce per allungare la vita: se ben applicate, le scoperte in campo medico non possono che essere un dono.
nè intendo suggerire che tanto varrebbe introdurre l’eutanasia obbligatoria al termine dell’età lavorativa (anche se temo che la nostra società ci arriverà davvero, ma questo è un altro discorso)
Be' sicuramente questo per ora è ancora fantascienza, lo è meno temere che i progressi della medicina un giorno non siano più alla portata di tutti (e in molti stati già è così). Dato che in tempi di crisi il sistema della sanità pubblica viene sempre accerchiato da avvoltoi, mi sembra ancora più importante sostenere la ricerca e il diritto alla salute come bene universale.
Dato che in questo periodo sono in vena di consigli letterari, suggerisco un breve ma profondo libercolo di Carl-Henning Wijkmark, "La morte moderna", che analizza proprio questa prospettiva di "eutanasia di stato"; un paradosso che mette a nudo il potere dell'economia nelle nostra vita collettiva e individuale.