Effetto placebo.
Quanti di noi hanno sentito parlare di placebo?
Il placebo è una sostanza inerte (non attiva, che non ha azione terapeutica intrinseca) che possiamo teoricamente definire con effetto terapeutico pari a zero. E' un dato di fatto però che il placebo non ha effetto "zero" ma con vari meccanismi ne ottiene uno misurabile, vicino allo zero ma mai nullo.
Per questo motivo il placebo è largamento utilizzato (e scientificamente conosciuto) come metro di paragone con le sostanze che si sperimentano in medicina o per confrontare l'effetto di un farmaco con il decorso naturale della malattia.
In pratica se voglio sapere se un farmaco funziona lo paragono ad un placebo. Se il farmaco funziona 10 ed il placebo (somministrato alle stesse condizioni) funziona 2 quel farmaco è efficace. Se invece il farmaco funziona 5 ed il placebo 4 probabilmente quel farmaco non ha effetti particolari.
Al placebo viene data la forma "utile" per questo tipo di sperimentazioni: una pillola, uno sciroppo, una puntura ed è prodotto quasi sempre con zucchero, amido o lattosio, sostanze che non hanno effetti "strettamente" terapeutici.
Eppure se io somministro ad un paziente con cefalea (mal di testa) una pillola di zucchero dicendogli che gli sto somministrando un potente antidolorifico molto probabilmente la cefalea migliorerà, forse di poco, ma probabilmente lo farà.
Come mai?
E' la nostra percezione del dolore, la soglia di sopportazione, la reazione della nostra psiche a far sentire meno quel dolore e questi meccanismi sono rinforzati dalla pillola di zucchero alla quale diamo poteri che in realtà non ha, ci convinciamo di assumere qualcosa di "efficace", di curativo.
Se poi "rinforzo" ancora di più quella somministrazione con altri elementi (un colore vivo, la forma della pillola, le mie parole) l'effetto sarà ancora più evidente.
L'effetto placebo secondo la maggior parte degli scienziati esiste ed è conosciuto tanto da diventare come detto prima un metro di valutazione dei trattamenti medici.
L'effetto placebo è tanto evidente che gli studi scientifici più seri sono considerati attendibili solo se effettuati con il metodo del "doppio cieco": non solo il paziente è ignaro sulla reale composizione della pillola (sta assumendo il farmaco o il placebo?) ma anche chi la somministra non deve sapere se quello che sta prescrivendo è il farmaco reale da sperimentare o una pillola di zucchero. Doppio cieco appunto, nessuno dei due soggetti (paziente e prescrittore) sa quello che sta facendo e così non vi sono condizionamenti di nessun tipo. Questo perchè anche le modalità di somministrazione, i gesti, il modo di porsi possono condizionare pesantemente gli effetti di una sostanza.
Si comprende così come anche il "nome" commerciale di un farmaco abbia importanza ai fini della sua efficacia. Un rimedio per il mal di gola composto da zucchero ed un blando disinfettante (che non ha certo effetti antibiotici) che si chiamasse Pinco Pallino, sarà probabilmente molto meno efficace dello stesso rimedio che prendesse il nome di Sanigòl e ciò è stato dimostrato da alcuni studi (in particolare sull'acido acetilsalicilico).
Se vendo la valeriana come ansiolitico e la chiamo (onestamente) Valeriana probabilmente il suo effetto sarà minore della stessa pillola chiamata Calmodorm o Tranquillirit (e di esempi ne esistono tantissimi).
L'effetto placebo è quello con il quale si spiegano i blandi effetti dei prodotti omeopatici nei quali non vi è traccia di sostanza attiva. Si spiegherebbero con questo meccanismo anche altri lievi effetti di alcune medicine alternative come l'agopuntura o la pranoterapia.
Naturalmente un placebo non ha nessun effetto collaterale.
Possono essere considerati placebo anche atti chirurgici o esami diagnostici, unica condizione che nel primo caso non sia in realtà compiuta nessuna operazione chirurgica curativa e nel secondo che non venga realmente effettuato nessun esame.
Se l'effetto placebo funziona quindi, perchè non utilizzarlo in larga scala?
Per due motivi principali: il primo perchè l'efficacia dell'effetto placebo dipende da una "bugia". Chi somministra il placebo non deve dire che si tratta di una sostanza inerte o questa perderebbe tutte le sue proprietà.
Il secondo è etico: è giusto somministrare "niente" seppur a fin di bene?
Nella pratica medica quotidiana, sono parecchi i medici che prescrivono placebo per migliorare alcuni piccoli disturbi. In questo caso è tipica la prescrizione di vitamine, integratori e simili.
L'effetto placebo è talmente evidente che è conosciuta la "dipendenza dal placebo": persone sofferenti di una patologia, per esempio il mal di schiena, venivano trattati con una pillola di zucchero al giorno. Il mal di schiena "inspiegabilmente" migliorava.
Alla sospensione della pillola placebo il problema si ripresentava anche più grave di prima. E' pure dimostrato che l'effetto placebo può condizionare e modificare parametri vitali come la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca e la glicemia.
E' la forza della mente (quella vera, non quella newage-alternativa-quantosonofigo-pranica). Talmente potente che l'effetto placebo funziona con tutti tranne con i soggetti con perdita di coscienza (svenuti, anestetizzati, in coma) o con gravi problemi cerebrali.
Questa breve intervista a Ben Goldacre (notissimo divulgatore scettico scientifico inglese) che ho tradotto, spiega i punti principali del fenomeno placebo.
Come funziona, perchè e cosa possiamo ottenere non solo da questa possibilità ma anche dalle tantissime ricerche in proposito.
Ascoltiamola, è molto interessante.
Sembrano due i meccanismi che regolano l'effetto placebo:
1) Quello psicologico: ci convinciamo di stare meglio ed in effetti lo stiamo.
2) Quello endocrino: il nostro organismo si "sente curato" e si aspetta un miglioramento. Per questo vengono prodotte delle sostanze chiamate endorfine che hanno la funzione di rilassarci, procurare piacere e migliorare la sopportazione del dolore e della sofferenza.
C'è un esperimento bellissimo che chiarisce ancora meglio come ed a che profondità il nostro cervello ci "convinca" di stare meglio.
Si tratta dello studio di Kirsch e Weixel che ha analizzato l'effetto placebo somministrando caffè con o senza caffeina.
Seguitelo bene:
Tre gruppi di pazienti: A, B e C.
Il gruppo A ha assunto caffè SENZA caffeina, il gruppo B normale caffè CON caffeina, al gruppo C hanno detto di somministrare caffè normale CON caffeina ma in realtà veniva fornito caffè DECAFFEINATO.
Hanno misurato i parametri clinici di tutti i pazienti registrando frequenza cardiaca, attenzione, tensione nervosa e pressione arteriosa.
Secondo voi in quali pazienti questi parametri si sono dimostrati più elevati?
Sembrerebbe evidente che solo i pazienti che hanno bevuto caffè normale (B) abbiano avuto un aumento significativo dei parametri mentre gli altri non abbiano avuto questo aumento.
Invece no: gli aumenti significativi di quei parametri si sono registrati solo nel gruppo C (quello che aveva bevuto caffè decaffeinato ma credeva di bere quello normale!) mentre in A e B, pur se di grado diverso, gli aumenti dei parametri non sono stati significativi e soprattutto non sono stati superiori al gruppo C. Emergerebbe da questo studio che l'effetto della convinzione mentale di assumere caffeina sia più potente dell'assunzione reale della stessa.
Sorprendente...
Il placebo ha quindi risultati entusiasmanti tanto da meritare approfonditi studi (e ne esistono tantissimi) che mirano ad utilizzare i suoi effetti considerata la totale assenza di effetti collaterali, il costo (bassissimo) e l'assenza di controindicazioni. Alcune fonti riportano percentuali di miglioramento altissime per patologie come la schizofrenia (più dell'80% di casi di miglioramento procurati da un placebo), l'ansia e la depressione (circa l'80%) ed il colon irritabile (circa il 60%).
Nel 1983 in diversi centri italiani fu sperimentato un farmaco antiulcera (ormai entrato nella terapia di questa malattia, la Ranitidina) confrontandolo proprio con un placebo: si vide che se il nuovo farmaco era efficace, anche il semplice placebo aveva un effetto misurabile e significativo nei confronti dell'ulcera. In sette settimane, in uno di questi centri, il farmaco aveva cicatrizzato più del 70% delle ulcere gastriche, il placebo più del 45%, quasi la metà. Fu così provata l'efficacia del farmaco ma fu dimostrata l'eccezionale efficacia del placebo nella cura dell'ulcera, fatto che oggi è assodato.
L'effetto placebo è utilizzato anche in chirurgia con la cosiddetta"sham surgery", la "finta chirurgia" nella quale si effettua un intervento chirurgico "non terapeutico" (che quindi anche se avviene davvero per convincere il paziente non ha però effetti diretti sulla malattia) per ottenere un miglioramento delle condizioni di salute. Uno dei campi nei quali questo effetto è già stato utilizzato è la cura del morbo di Parkinson anche se è accesissimo il dibattito riguardante l'aspetto etico di una pratica di questo tipo.
Un'ultima nota molto interessante: esistono studiosi che negano l'esistenza dell'effetto placebo. Per loro non esisterebbe nessun effetto indotto da sostanze inerti ma i casi di miglioramento da patologie dopo assunzione di sostanze inerti sarebbe dovuto a regressioni spontanee, fluttuazioni della malattia, altri trattamenti, condizionamenti psicologici ed altro.
La mia impressione (personalissima) è che l'effetto placebo esista, magari non è definibile perfettamente e non possiamo controllarlo e misurarlo con i mezzi che disponiamo ma ho visto spesse volte effetti terapeutici evidenti dalla somministrazione di sostanze inerti. Il dibattito quindi continua.
Di Goldacre tradurrò altri video, sono una miniera di informazioni e di notizie espresse in maniera semplice e comprensibile.
Spero intanto che il concetto di placebo sia ora meno difficile da comprendere per chi non lo conosceva bene.
Alla prossima.